Cronaca Nera

Il richiedente asilo picchiato ad Acqui Terme, il Ku Klux Klan e la bagna cauda

Fino a qualche giorno fa, gli unici pugni famosi di Acqui Terme erano quelli con cui il grande Franco Musso conquistò la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma nel 1960. Mentre il pugile che salì sul podio più alto nella categoria dei pesi piuma e che affiancò Nino Benvenuti nei welter e Cassius Clay (poi divenuto Muhammad Alì) nei mediomassimi resta solo nel cuore dei non troppi concittadini che ne ricordano le gesta, i fatti recenti fanno balzare altri acquesi sulla ribalta della cronaca.

Poco più di ventimila abitanti e un ritmo tutt’altro che frenetico, Acqui non può nemmeno trovare le insulse giustificazioni accampate quando certi episodi sono ambientati in metropoli affogate nel caos e nel degrado. La vile aggressione del giovane straniero e il pestaggio con la colonna sonora delle risate di chi assisteva alla scena mortifica chi, come me, ci è nato e vissuto.

La città di gente come Camilla Ravera (la prima donna a esser nominata Senatore a vita), Giulietto Chiesa e tanti altri che si sono battuti per i più nobili principii finisce sui mezzi di informazione come arena della più bieca barbarie. La Aquae Statiellae, di cui gli antichi romani apprezzavano le risorse termali, negli ultimi 40 anni ha perso la propria identità e ora incassa l’imprimatur dell’inciviltà.

Se mi addolora questa ennesima brutta pagina nella cronistoria della decadenza della mia città, mi pongo una serie di interrogativi forse retaggio dei miei trascorsi da sbirro.

La ricostruzione dell’accaduto – così come i media hanno riportato – fissa due date: l’8 di agosto in cui i due “primatisti del Monferrato” o “xenofobi delle Langhe” hanno fatto finire in ospedale il poveretto e il successivo giorno 30 con la segnalazione ai Carabinieri del filmato “postato” su Facebook da cui sono scattate le indagini. Tra gli altri elementi a disposizione, spiccano il ricovero in ospedale e la prognosi di cinque giorni per trauma cranico.

Ancora un dettaglio. Conosco bene la città e so quanto sia invasivo l’orwelliano sistema di videosorveglianza la cui muscolatura è sempre stata interpretata (o almeno raccontata) come dispositivo indispensabile per la sicurezza urbana. L’aver fatto indagini per qualche anno mi fa chiedere come mai il nosocomio locale non abbia approfondito le cause del ferimento del ragazzo portato al pronto soccorso (non credo ci sia quotidiana abbondanza di contusioni al capo riconducibili a percosse…) e non abbia prontamente informato gli organi di polizia così come previsto. In secondo luogo, mi domando a cosa servano le telecamere installate in ogni angolo della città e cosa faccia chi lavora nella presumibile sala operativa comunale sui cui schermi dovrebbe essere visualizzato in tempo reale quel che succede in ogni area sottoposta a monitoraggio.

L’avvenimento è grave indizio di gratuita intolleranza e spaventa la circostanza che la pagina social “Sei di Acqui Terme se…” abbia costretto uno dei suoi amministratori a bloccare i commenti online alla notizia ripresa da La Stampa. Timore di una pioggia di messaggi di solidarietà per la vittima, paura di una cloaca di espressioni aggressive straboccanti odio e razzismo oppure preoccupazione che potessero emergere altri fatti sfuggiti ai giornali o alle Autorità?

Cerco di distrarmi e penso per un attimo al Ku Klux Klan alle prese con la “bagna cauda” o dinanzi a un piatto di ravioli al “plin”, auspicando di sentir parlare in futuro di intolleranza solo a proposito di quella al glutine.

@Umberto_Rapetto