“Esistono i diritti di chi è accolto, ma anche quelli di chi accoglie”. “Non c’è un legame tra terrorismo e immigrazione, ma tra terrorismo e mancata integrazione”. Il ministro dell’Interno Marco Minniti, dal palco della Festa del Fatto Quotidiano in Versiliana, ha parlato delle sue politiche e della gestione di quello che definisce “un fenomeno epocale”. Ha esordito con una battuta (“Apprezzerete un certo sprezzo del pericolo nel venire qui”) e ha annunciato che sarà presentato un “piano di integrazione nazionale” nei prossimi giorni, di cui però non ha dato dettagli. A fianco del titolare del Viminale anche i giornalisti Milena Gabanelli e Furio Colombo. Ha moderato l’incontro dal titolo “Migranti a casa di chi?“, il vicedirettore del Fatto Stefano Feltri. “Nel 2017 gli sbarchi sono stati solo 99mila e 927”, ha detto Feltri introducendo gli ospiti, “c’è stato un notevole calo che si è manifestato nella stagione di picco. Il processo di ricollocazione va molto a rilento e il ministro Minniti ha affrontato in maniera drastica il tema”. Gabanelli ha presentato una serie di proposte per migliorare il sistema dell’accoglienza: ad esempio il recupero degli spazi pubblici come le caserme, ma anche gli interventi di scrematura prima di passare all’accoglienza diffusa sul territorio. Duro il giudizio dell’editorialista del Fatto Quotidiano Colombo: “Decisioni disumane. Così si vinceranno anche le elezioni, ma i migranti che restano in Libia sono la seconda Shoah“.
Furio Colombo: “Decisioni disumane sull’immigrazione”
Il primo a intervenire è stato l’editorialista del Fatto Furio Colombo che più volte nelle scorse settimane ha espresso le sue critiche contro le politiche promosse dal Viminale: “Non possiamo dire che ci sono meno sbarchi e meno morti”, ha esordito, “perché c’è qualcuno che è stato fermato da qualche parte. Sapete che sono rimasto, non in dissenso, ma costernato dal fatto che la parte del mondo in cui in generale appartengo e le persone di cui posso avere stima, prendono decisioni disumane. Perché rovesciano il senso fondamentale della civiltà a cui credevamo di appartenere”. Le sue parole sono state accolte da numerosi applausi: “La politica non è stare dalla parte di chi ha paura. Perché la paura molti se la sono fabbricata”.
Milena Gabanelli: “Perché non usiamo le caserme per l’accoglienza?”
La giornalista Milena Gabanelli ha preso la parola per illustrare le sue proposte per affrontare quello che per lei è un “problema strutturale” e ha fatto le sue valutazioni sui modi di accoglienza in Italia: “Io sono andata a vedere come funziona l’accoglienza, quindi come funzionano i sistemi che gestiscono le associazioni. Con le mie proposte ho trovato il favore di tutti i sindaci, e anche della popolazione che si ribellava quando ad esempio a Milano è stata aperta la Caserma Montello“. Gabanelli ha spiegato: “Io cerco di risolvere il problema, per quello che posso. Preoccupiamoci del fatto che entra acqua dal tetto: io non credo che questa situazione si fermerà. Quindi dobbiamo organizzarci ora”. Il quadro, ha spiegato, è quello di 15 conflitti a livello internazionale che fanno sì che ci sia una massa che sta premendo sull’Europa. “A questi si aggiungono i migranti economici, il 60 per cento del totale. Il progetto del governo sulla carta è fantastico: l’accoglienza diffusa gestita dai comuni che accolgono 20mila persone sui 200mila arrivi totali. Il resto sono centri straordinari”. Gabanelli ha quindi parlato dell’integrazione nel nord Europa, come naturalmente di un modello da seguire: “Lì i tempi massimi di attesa sono di sei mesi. Io propongo: perché non usiamo gli enormi spazi pubblici che abbiamo, ad esempio le caserme? A questo proposito il sottosegretario Manzione ha parlato di 27 locali. Io ho provato a fare un stima dei costi per rimettere a posto le caserme per gestire circa 200mila arrivi: qualcuno dice che le caserme sono dei lager, ma nelle caserme hanno vissuto i militari. Quelle che potrebbero essere pronte subito sono ad esempio a Bologna, Milano o Brescia. Ma spesso a gestirle sono le cooperative”. Inoltre, “queste persone devono essere tenute occupate per arrivare a una loro identificazione che deve essere fatta in sei mesi. Io penso che l’accoglienza diffusa sia un buon modello, ma solo dopo una scrematura fatta con corsi di lingua e programmi di integrazione”.
Il ministro Minniti e il blocco degli sbarchi: “Io devo tenere presente il diritto di chi è accolto, ma anche di chi accoglie”
Il titolare del Viminale ha esordito con una battuta: “Grazie dell’invito e spero che apprezzerete un certo sprezzo del pericolo nel venire qui alla Festa del Fatto”. Marco Minniti ha iniziato definendo l’immigrazione “un fenomeno epocale”: “Nessuno può pensare che la questione si risolva rapidamente. Il punto cruciale per me è che un grande Paese di fronte ai flussi migratori, non li subisce, ma cerca di governarli. Perché se un Paese li subisce finisce per introdurre un principio di tensione che magari mal si adatta con gli equilibri sociali che noi abbiamo costruito in questi anni”. Il ministro ha detto che quando parla con un sindaco deve tenere presente “il diritto di chi è accolto”: “L’Italia in questi anni ha dato prova straordinaria di accoglienza. Io sono molto d’accordo quando dicono che l’Italia ha difeso l’onore dell’Europa“. Ma non solo, ha detto Minniti, si può guardare a chi arriva ed è in difficoltà: “Bisogna tenere anche presente il diritto di accoglie”. Secondo il ministro, il primo punto è “investire in Africa”: “Investiamo economicamente e in classi dirigenti, perché è un continente ricco. E una parte significativa della sua povertà dipende dal tradimento della classe dirigente che si è impossessata di quella ricchezza”. Il titolare del Viminale ha anche detto che l’Africa “per i prossimi quindici anni” sarà lo specchio dell’Europa: “Se starà bene, l’Europa starà bene. Quando dico governiamo i processi, dico una cosa semplice: una grande democrazia non può limitarsi solo alla parola accoglienza. E’ una cosa che ci fa battere il cuore. Io sono uno di quelli che in tempi non sospetti ha sostenuto che non c’è un’equazione tra terrorismo e immigrazione. E tuttavia, se guardiamo agli attentati vediamo che i terroristi sono figli di una mancata integrazione. Quindi io dico che c’è un rapporto tra terrorismo e mancata integrazione”. Minniti ha poi rivendicato il fatto che l’Unhcr ha rimesso piede in Libia dopo gli ultimi accordi: “Io mi impegno davanti a voi e lo dico anche con un pizzico di onore personale. Io sui diritti e l’accoglienza farò una battaglia personale. Penso che bisogna governare i flussi migratori senza perdere l’umanità”. Minniti ha poi annunciato che “a metà settembre presenterà un piano per l’integrazione nazionale“. E poi: “Io mi sono posto un obiettivo: togliere la parola emergenza dalle politiche per l’immigrazione. Vi ho proposto quello che penso, ma penso anche che sia cruciale non agire sulla base dell’ansia”. Minniti è andato anche oltre e ha garantito che la sua non è una politica in chiave elettorale: “Questa mia idea non nasce da una ricerca pervicace del consenso. Su questi temi non si gioca un punto, due punti in più alle elezioni politiche, si giocano le prospettive di un Paese. E’ giusto che si discuta apertamente. Su questi temi non si deve lucrare, si deve pensare solo agli interessi della comunità. Io penso così di guardare agli interessi del mio Paese”. Per quanto riguarda il tema delicato degli appalti, il ministro ha parlato di un coinvolgimento di Cantone: “Appena sono arrivato al ministero dell’interno ho chiamato il presidente Cantone dell’Autorità anticorruzione e gli ho chiesto di fare un protocollo per la gestione degli appalti dell’accoglienza. In questo momento funziona quel protocollo. Io ho un dubbio sull’avere centri nazionali pubblici che gestiscano tutta l’accoglienza, insomma l’idea di un intervento pubblico. Io pensa che sia il pubblico che debba dare gli indirizzi e stabilire standard e poi sul concreto agiscono anche le ong”.
Colombo: “Si vinceranno le elezioni, ma i migranti che restano in Libia sono la seconda Shoah”
Al lungo intervento di Minniti, ha risposto per primo Furio Colombo. Che con parole molto dure ha voluto ricordare che la questione sul tavolo è molto diversa: come ricordato dalle pagine di Avvenire oggi e dalle inchieste dell’Associated press e della Reuters, gli accordi con la Libia hanno comportato il blocco dei migranti in centri di detenzione dove i diritti umani non sono rispettati. “Il modo con cui il ministro ha parlato è apprezzabile”, ha detto, “ma non fa i conti con un fatto. I migranti non ci sono più: sono in Libia. Quando si dice che abbiamo parlato con i sindaci, intendiamo dei capi tribù che hanno delle attese dopo le promesse. Come si può venire a raccontare che all’improvviso Medici senza frontiere sono le canaglie che hanno creato questo problema? Noi tutti siamo qui a domandarci: cosa hanno fatto le organizzazioni non governative che hanno portato tutta questa gente a riva. Ma tu, governo italiano, li vorrai salvare? O li salvi o li abbandoni a chi? Con questo approccio si vinceranno le elezioni, ma loro sono la seconda Shoah”. Colombo ha quindi concluso: “Non possiamo lasciar morire le persone nelle mani di persone che sono molto peggiori dei mercanti di esseri umani. La necessità è di salvare, non tacere, su questo io spero che potremo ritrovarci d’accordo”.
Minniti: “Il codice è un elemento di garanzia per le ong”
Il ministro, replicando a Colombo, ha parlato anche del codice di condotta per le ong, approvato nelle scorse settimane. “Credo che il codice per le ong sia un elemento di garanzia per le stesse organizzazioni”, ha detto, “perché hanno fatto e fanno un lavoro preziosissimo. Infatti l’hanno firmato cinque su sette”. Minniti si è quindi rivolto direttamente a Colombo: “Posso chiederti di essere severissimo, ma ancora di più se io non mi impegnerò su quello che ho detto? Cioè che per quanto mi riguarda, il rispetto dei diritti umani è fondamentale”. Quindi sugli accordi in Libia: “Io ho incontrato i sindaci delle città libiche, non sono dei capi tribù. Se uno di voi fosse venuto in quella sala e avesse ascoltato quei sindaci, non avrebbe pensato di essere a Tripoli. Il patto che abbiamo fatto è semplice: vi liberate dei trafficanti di esseri umani e noi vi aiutiamo a costruire un circuito economico alternativo. Io vorrei far capire ai libici che non possono fare lo Stato carogna”. Il titolare del Viminale ha anche detto di voler “coinvolgere i giovani libici nella costruzione di alternative sul posto”. Poi ha proposto di rafforzare la pratica dei “corridoi umanitari”: “Quelli che scappano dalla guerra, vengono direttamente in Italia e vengono gestiti dalle istituzioni”. “Basta guerre”, ha gridato una signora dal pubblico.
Gabanelli: “Il ministro Minniti si impegna a fare, non ho ben capito cosa”
A chiudere il dibattito è stato l’intervento di Milena Gabanelli, che ha espresso qualche perplessità sugli impegni presi da Minniti e ha ribadito i limiti del sistema di accoglienza italiano. “Io non voglio fare considerazioni astratte, sono concentrata sulla necessità della concretezza”, ha detto. “Il ministro Minniti si impegna a fare, non ho ben capito cosa. Certamente dobbiamo salvare, noi ci danniamo per salvare le vite umane. Ma non dimentichiamo che una volta sbarcati i salvati diventano carne da macello. L’integrazione non passa da un sistema come quello che è strutturato oggi”.