Nel Paese degli “italiani popolo di commissari tecnici” (lo diceva Fulvio Bernardini, non proprio il più fortunato e indimenticato dei ct azzurri), è già iniziato il dramma nazionale per la nazionale: “Italia a un passo dal baratro”, “non andremo neanche ai Mondiali”. E ovviamente il processo sommario a Gian Piero Ventura: presuntuoso, inadeguato, sopravvalutato. Tutto per una partita: importante, sbagliata e giocata male, per carità. Ma pur sempre una partita.
Spagna-Italia è stata una brutta sconfitta: impossibile negarlo. Eppure negli ultimi anni abbiamo perso incontri più importanti, e fatto figuracce anche peggiori. La costante è sempre quella di dover individuare a tutti i costi un capro espiatorio. Di solito, l’allenatore. Ancor meglio se poco titolato, e quindi più facilmente attaccabile. In fondo andava messo in preventivo: era uno dei rischi maggiori di fare di Gian Piero Ventura l’erede di Antonio Conte. Allenatore di provincia, abituato a lavorare con i giovani e non con i campioni, ad arrangiarsi con le idee e sbarcare il lunario. Lui, mister libidine, fin qui se l’era cavata egregiamente: imbattuto negli incontri ufficiali, primo (a pari merito) nel girone di qualificazione ai Mondiali, tanti ragazzi dell’Under portati in prima squadra e un abbozzo di faticoso rinnovamento. Certo, forse contro Liechtenstein e Macedonia, Israele e Albania sarebbe stato difficile far peggio. Ma non gli si poteva neanche chiedere di meglio.
Dopo la notte da incubo di Madrid, i giovani sono diventati inesperti, il progetto di bel calcio un lusso da smargiassi, il percorso comunque positivo verso Russia 2018 un calvario destinato a concludersi certamente con l’eliminazione. Tutto perché l’Italia dovrà giocarsi la qualificazione agli spareggi. Come se fosse un disonore, uno smacco inaccettabile per il nostro calcio. Altre nazioni, gloriose quanto la nostra, ci sono passate spesso: la Francia due volte, il Portogallo in maniera quasi sistematica nell’ultimo decennio, una volta persino la tanto decantata Spagna. È la formula delle qualificazioni che lo prevede. L’Italia nel recente passato si era sempre abituata a staccare il pass in anticipo e senza problemi (l’ultimo playoff risale esattamente a 20 anni fa: fu quello vinto contro la Russia per andare ai Mondiali di Francia ’98). Più che per merito dei più blasonati predecessori di Ventura, però, grazie a dei sorteggi fortunati che ci hanno fatto affrontare quasi sempre contro Norvegia, Bulgaria, Slovenia e affini. Se hai la Spagna nel girone, e passa solo la prima, ci sta di andare al playoff. Considerando che lo affronteremo da testa di serie, e che all’orizzonte si profilano avversarie abbordabili (ad oggi sarebbero Svezia, Grecia o una delle due Irlanda), la qualificazione è ancora più che possibile. Semmai, è proprio il processo mediatico che si è scatenato a metterla a rischio.
Ciò non toglie che la lezione subita dalla Spagna è stata pesante. Per la nazionale, i suoi nuovi e vecchi leader (da Verratti a Buffon, da Belotti a Bonucci). E pure per il suo commissario tecnico: Ventura ha sbagliato formazione, non ha letto la partita. Ha perso come e forse più degli altri che erano in campo al Bernabeu. Ma giudicarlo (anzi, bocciarlo: tanti lo hanno già fatto) ora, per una sconfitta e per un playoff, sarebbe ingeneroso. Il punto non è andare o meno allo spareggio, ma vincerlo, qualificarsi ai Mondiali e giocarseli con una squadra rinnovata nei giocatori e nelle idee, che abbia davanti anche un futuro e non solo un passato (ricordiamo che Conte a Euro 2016 ha lasciato una nazionale con un’età media di quasi 32 anni, la più vecchia di sempre nella competizione). Magari fra qualche mese, o fra un anno, certificheremo per davvero il fallimento del progetto di Ventura. Per ora, la sua colpa è quella di non avere il palmares dei grandi allenatori. Ma soprattutto quella di fare il commissario tecnico della nazionale: il mestiere più invidiato e criticato del Paese.