Via libera nel Basso Salento alle prospezioni con l’air gun per cercare idrocarburi in mare. La società petrolifera Global Med LLC ha ottenuto l’ok dal ministero dell’Ambiente per la ricerca di petrolio a largo di Santa Maria di Leuca, meta turistica tra i fiori all’occhiello della regione. L’autorizzazione è valida da 13 miglia dalla costa, poco più in là rispetto al limite di legge fissato in 12 miglia. Non si sono fatte attendere le reazioni di associazioni, enti e cittadini. Tra le prime quella del presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone che si è detto pronto a rivolgersi alla Corte di giustizia europea, mentre Legambiente ribadisce “l’appello ai parlamentari pugliesi e alla Regione affinché si facciano promotori di una legge che vieti la tecnica dell’airgun”, cannoni ad aria compressa che provocano onde sismiche sottomarine in grado di scandagliare i fondali attraverso appositi rilevatori sonori per verificare o meno la presenza di petrolio. Nel frattempo, però, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha dato mandato all’Avvocatura di verificare se ci siano i presupposti per procedere con un ricorso legale, impugnando dinanzi al Tar del Lazio il decreto del 31 agosto scorso.
L’AREA INTERESSATA – Il via libera riguarda la concessione d89 FR GM, per la quale fu presentata istanza nell’ottobre 2014. Parliamo di uno specchio d’acqua di 744,6 chilometri quadrati “nel Mar Ionio settentrionale, di fronte alla punta meridionale della penisola salentina”, ma la Global Med ha puntato gli occhi anche su altre due aree nello Ionio. Una è nelle acque di fronte a Isola di Capo Rizzuto, in Calabria (istanza d87) e l’altra è proprio vicina a quella per cui è stata già data l’approvazione, ma interessa uno specchio d’acqua di 749 chilometri quadrati. Entrambe le concessioni sono in fase di approvazione. Il progetto per il quale il ministero dell’Ambiente ha chiuso positivamente la valutazione di impatto ambientale consiste nell’attuazione di un’indagine sismica non lontano da diverse aree protette: dal Parco regionale Otranto-Leuca ai siti di interesse comunitario Costa di Otranto e Santa Maria di Leuca, San Gregorio e Punta Ristola, dal litorale di Gallipoli e all’Isola di Sant’Andrea. Diciannove i Comuni interessati dagli effetti della “crociera sismica”.
LE PROTESTE – Contro il progetto la Regione si era già opposta alla fine del 2014 quando il ministero dello Sviluppo Economico avviò l’istruttoria. Furono acquisiti i pareri contrari degli enti locali, a partire dalla Provincia di Lecce. Che oggi torna a farsi sentire con il presidente Antonio Gabellone: “Percorreremo tutte le strade possibili contro quello che appare come l’ennesimo schiaffo al territorio e siamo pronti anche a rivolgerci alla Corte di giustizia europea”. D’altro canto già lo scorso anno i sindaci dei comuni del Capo di Leuca fecero fronte comune contro la ricerca di idrocarburi nell’Adriatico e nello Ionio iniziando uno sciopero della fame. Poi, ad agosto, fu la volta della catena umana alla marina di Pescoluse, nel cuore delle cosiddette ‘Maldive del Salento’ per dire no alle trivelle.
L’APPELLO DI LEGAMBIENTE – “A fronte delle due istanze avanzate dalla società petrolifera Global Med LLC, siamo fortemente preoccupati per il nuovo via libera concesso dal ministero dell’Ambiente, di concerto con il ministero per i Beni culturali e per il turismo” ha commentato Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, che torna chiedere ai parlamentari pugliesi e alla Regione di farsi promotori di una legge che vieti la tecnica dell’airgun “estremamente pericolosa e impattante per l’ecosistema marino, oltre che la redazione di un Piano delle Aree per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi, da sottoporre a valutazione ambientale strategica”. L’obiettivo è quello “di avere un quadro degli effetti cumulativi delle attività petrolifere in corso, visto che la Puglia continua a far gola alle società petrolifere”. A destare preoccupazione sono sia le tecniche utilizzate che potrebbero avere ripercussioni negative sulla fauna e sulla flora marina presenti, che la reale estensione dell’area da indagare “visto che questa prima autorizzata è contigua ad altre due delle stesse dimensioni”. Le aree interessate dalle richieste, infatti, sommate porterebbero a una macroarea in pieno mar Ionio settentrionale “favorendo – secondo Legambiente – il rischio che vi siano trivellazioni a poco più di dodici miglia nautiche dalla costa salentina” qualora dalle perlustrazioni dovessero emergere dati utili all’estrazione del combustibile fossile.