Il nome del console fascista fucilato dai partigiani a Dongo sul monumento che commemora i caduti. Se nel paesino di Cardinale, in provincia di Catanzaro, è stata intitolata una piazza a Pino Rauti, con buona pace di tutte le trame nere che hanno visto sullo sfondo il fondatore del centro studi Ordine Nuovo (dal quale sarebbe nato l’omonimo gruppo terroristico), a San Vito sullo Jonio si è cercato addirittura di riscrivere la storia della seconda guerra mondiale. Nella piazza dedicata a Mario Polerà, un ragazzo ucciso nella prima guerra mondiale, c’è infatti un monumento ai caduti che contiene, tra i nomi delle vittime del secondo conflitto mondiale, anche quello del colonnello Vito Casalinuovo.
Solo che quel militare con i soldati morti tra il 1940 e i 1945 c’entra ben poco. Nato nel 1898 a San Vito sullo Jonio, infatti, il colonnello Vito Casalinuovo non è stato semplicemente un fascista ma era addirittura console della milizia volontaria per la Sicurezza Nazionale agli ordini diretti di Benito Mussolini. Poi, dopo il 25 luglio 1943, Casalinuovo è diventato un ufficiale della Repubblica di Salò, membro di un reparto speciale della scorta di Mussolini, al fianco del quale è rimasto fino alla fine. E infatti venne catturato dai partigiani che bloccarono la colonna di scorta al duce in fuga verso la Valtellina: il 28 aprile 1945 Casalinuovo venne dunque fucilato nella piazza di Dongo. Due anni prima, tra l’altro, in qualità di uomo di fiducia di Mussolini, aveva fatto parte del collegio dei giudici nel famoso “processo di Verona” dove venne, tra gli altri, condannato e fucilato Galeazzo Ciano, il genero del duce accusato di tradimento.
Che c’entra il nome del colonnello fascista con quello degli altri soldati morti durante la prima e la seconda guerra mondiale? Il monumento era stato eretto a San Vito sullo Jonio dopo la Grande Guerra per onorare i caduti, poi venne aggiornato con l’inserimento dei soldati morti al fronte tra il 1940 e 1945: fu allora che cominciò ad apparire il nome del“console” Vito Casalinuovo. Poi, in un successivo restauro del monumento, venne aggiunto il titolo di colonnello, che tra l’altro non era un grado dell’ esercito regolare ma di una milizia volontaria.
“Se qualche giorno fa non me lo avesse detto qualcuno, neanche lo sapevo che c’era il suo nome. Cosa le posso dire su questo? Non so perché c’è il suo nome perché il monumento non l’ho fatto io. Bisognerebbe chiedere a chi lo ha inserito. Io so solo che Vito Casalinuovo ha fatto la guerra del 1915-1918 e che poi è morto a Dongo”, spiega un po’ imbarazzato il sindaco della città, Alessandro Doria. Più duri i commenti comparsi nella pagina facebook “Sanvitesi nel mondo”, che raccoglie materiale fotografico e storico legato al paesino di 1.700 abitanti e che per primo ha puntato il dito contro quell’intitolazione. “Si può parlare di apologia di fascismo? È lecito per la nostra Costituzione inserire il nome di un gerarca fucilato dai partigiani in un monumento pubblico? Chi di dovere dovrebbe darci delle risposte”.