L’attacco con gas Sarin, il 4 aprile scorso a Khan Sheikhun, nella provincia di Idlib, “è stato compiuto da un aereo di fabbricazione russa utilizzato dalle forze militari del presidente siriano Bashar Al Assad“. Lo afferma il rapporto della Commissione Onu sui crimini in Siria. Nell’attacco rimasero uccisi 84 civili, molti bambini. Nello stesso rapporto, si criticano gli Usa per non aver “preso tutte le precauzioni” necessarie per proteggere i civili nel raid contro una moschea di Aleppo lo scorso marzo.
Secondo il rapporto, “le forze governative hanno continuato a usare armi chimiche contro i civili nelle zone in mano all’opposizione” e “nell’incidente più grave, le forze aeree siriane hanno usato il sarin a Khan Sheikhoun uccidendo decine di persone, per lo più donne e bambini”. Nella provincia di Idlib da novembre 2016 sono confluiti migliaia di sfollati, civili e ribelli fuggiti dalle zone sotto assedio come Aleppo, mandati dal regime in aree sulle quali il suo esercito e le forze russe bombardano da mesi.
Già a giugno gli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) avevano confermato in un rapporto l’uso di “sarin o una sostanza simile” nell’attacco del 4 aprile scorso, senza però indicarne la responsabilità. La strage provocò la risposta americana voluta da Donald Trump con il lancio di missili Tomahawk contro la base aerea siriana di Shayrat, nella provincia di Homs, dalla quale si presume sia stato sferrato l’attacco chimico. Il leader siriano Bashar al-Assad negò ogni responsabilità, definendo l’attacco a Khan Sheikhoun “un’invenzione al cento per cento”.
Finisce l’assedio a Dayr az Zor, roccaforte Isis – Intanto continua in Siria la guerra alle milizie dello Stato islamico. Dopo la perdita di Mosul e di Tal Afar in Iraq, l’Isis ha subìto martedì un nuovo duro colpo, quando le forze governative, supportate dai bombardamenti russi, hanno rotto un assedio che durava da quasi tre anni a Dayr az Zor, l’ultima grande città del Medio Oriente ancora sotto il controllo del Califfato. Il successo militare di Damasco non significa la fine dei combattimenti in città, dove si ritiene che 70mila civili rimangano intrappolati. Gli scontri continuano tra l’esercito e i jihadisti che controllano ancora il 60% del territorio urbano. Le forze lealiste, infatti, sono riuscite per ora a penetrare soltanto nella base militare della Brigata 317, alla periferia occidentale, e rompere così la resistenza dell’Isis nella città assediata.
All’esercito siriano potrebbero essere necessari ancora mesi per riprendere il controllo totale della città, posta su un asse strategico verso il confine con l’Iraq. Il comando delle forze armate di Damasco ha definito la rottura dell’assedio di Dayr az Zor “una svolta strategica nella guerra al terrorismo”, sottolineando che la città sarà usata come “un trampolino di lancio per espandere le operazioni militari nella regione”. In particolare, presumibilmente, per riprendere il controllo di tutto il territorio lungo il confine con l’Iraq.