Grazie al pareggio ottenuto sul campo dell'Iran la selezione siriana si è qualificata ai play-off per la Coppa del mondo di calcio in Russia. Sfiderà l'Australia in una gara proibitiva ma non impossibile per una squadra abituata a giocare a 7mila chilometri da casa, fuggire e perdere colleghi calciatori per colpa della guerra
Sei anni di guerra civile che hanno causato circa 400mila morti, ma anche tredici punti conquistati in dieci partite. I numeri del dramma e della speranza della Siria che ricomincia a sognare dal calcio, grazie a un gol segnato al terzo minuto di recupero nell’ultima gara del girone di qualificazione ai Mondiali di calcio 2018. La rete firmata al 93′ da Omar Al Soma ha regalato alla Nazionale siriana il pareggio per 2-2 contro la capolista Iran e la possibilità di giocarsi i play-off validi per l’accesso alla Coppa del Mondo in Russia contro l’Australia. Un’altra partita sulla carta proibitiva, ma non impossibile per una squadra che negli ultimi ha dovuto superare difficoltà ben diverse da quelle che possono rappresentare undici avversari su un campo da calcio. Costretta in esilio, dal 2011 non gioca più una partita in uno stadio di casa. Per colpa della guerra civile 38 calciatori sono stati assassinati e oltre 200 sono scappati dalla massima serie.
Quella siriana è definita da molti la “Nazionale del regime“, fortemente sostenuta da Bashar Al-Assad. Ma durante la guerra civile ha sopportato tutte le sofferenze subite dai suoi connazionali. Le partite casalinghe la Siria le gioca a Malacca, in Malesia, a circa 7mila chilometri da Damasco. E’ stato persino complicato trovare uno stadio per poter giocare le qualificazioni: nessuno voleva ospitare la selezione di un Paese guidato da un presidente inviso a molti in Occidente come in Oriente. I ribelli siriani si erano persino organizzati per avere una loro rappresentativa, ma la Fifa non l’ha riconosciuta. Simbolo di quella Nazionale sarebbe stato Firas Al-Khatib, attaccante che dopo 26 reti in 51 presenze aveva abbandonato la selezione della Siria per protestare contro il regime. In nome del sogno Mondiale però, Al-Khatib è tornato a vestire la maglia del suo Paese proprio durante le qualificazioni. A 34 anni, il ribelle è anche il capitano della squadra che spera ora di arrivare a Russia 2018.
Quasi nessuno dei calciatori che hanno conquistato la storica qualificazione ai play-off milita nella Premier League siriana, il massimo campionato nazionale, dove si guadagnano circa 200 dollari all’anno. Giocano nei paesi del Golfo, qualcuno addirittura alle Maldive, nessuno in Europa: prima della guerra a Damasco stava nascendo un movimento calcistico importante, poi le bombe hanno azzerato tutto. E’ già un miracolo che esista ancora un campionato e che si sia riuscito a giocare qualche partita anche ad Aleppo.
Una Nazionale di esodati quindi, che riesce a giocare grazie alle trasferte pagate interamente dalla Federazione del calcio asiatico: sono serviti a questo i 2 milioni di dollari finora vinti dalla selezione siriana durante le qualificazioni. Ora per coronare il sogno mancano solo due sfide. La prima con l’Australia, terza nell’altro girone dell’Asia. I Socceroos sono un avversario nettamente superiore per esperienza e qualità, con giocatori che giocano o hanno giocato nei massimi campionati europei. Ma alla Siria sognare non costa nulla. Se dovesse superare questo primo ostacolo, giocherebbe poi l’incontro decisivo per arrivare ai Mondiali in Russia, quello contro la quarta classificata del girone del Centro e Nord America. E in questo momento in quarta posizione ci sono, guarda a caso, gli Stati Uniti.