Salvatore Giardina, presidente della corte d'assise d'appello di Firenze davanti alla quale si celebra il processo con unico imputato Riina, spiega perché ha scelto di inviare il procedimento ad altra corte: "Prima di decidere dovevamo risentire solo i testimoni essenziali, mentre la riforma prevede la riapertura dell’istruttoria completa. Non si poteva fare prima che me ne andassi via"
“Il ministro Orlando manda gli ispettori a verificare il calendario delle udienze per il processo sulla strage del Rapido 904? Eh vabbé. Ho fatto il calendario a giugno, prima che intervenisse la nuova legge. E non ho in dote la previsione del futuro”. Salvatore Giardina, presidente della corte d’assise d’appello di Firenze davanti alla quale si celebra il processo per la strage del Rapido 904, punta il dito contro la riforma della Giustizia.
Due giorni fa il procedimento che vede come unico imputato Totò Riina era stato bloccato e rinviato a una nuova corte. Il motivo? L’imminente pensionamento di Salvatore Giardina, previsto per i primi di ottobre, e l’obbligatoria riapertura del dibattimento in appello quando il pm fa ricorso contro un’assoluzione per motivi legati alla valutazione della prova dichiarativa. Entrambe le modifiche – e cioè l’abbassamento della pensione dei giudici e la riapertura dibattimentale – sono prevista dalla riforma Orlando entrata in vigore il 3 agosto scorso.
Per l’attentato che il 23 dicembre 1984 uccise 16 passeggeri e ferì 267 persone sul treno Napoli-Milano, Riina era stato assolto in primo grado. La sentenza d’appello doveva essere emessa il 21 giugno scorso ma la corte aveva ordinato di riaprire il dibattimento per acquisire le testimonianze di sei boss: Giovanni Brusca, Francesco Paolo Anselmo, Baldassarre Di Maggio, Calogero Ganci, Giuseppe Marchese e Leonardo Messina. Era stata quindi fissata una nuova udienza per il 6 settembre e a quel punto Giardina aveva ordinato di sospendere il processo. “Prima di decidere dovevamo risentire solo i testimoni essenziali per la prova dichiarativa decisiva, mentre la riformaprevede la riapertura dell’istruttoria completa di tutti i testi, passati così da 6 a un numero ben più elevato. Non si poteva fare prima che me ne andassi via”, dice oggi il giudice motivando la sua scelta di lasciare tutto in mano a chi lo sostituirà. “L’istruttoria – spiega – a un certo punto sarebbe stata interrotta per il mio pensionamento: lasciando ora, invece, non ho azzerato nulla“.
Una scelta che ha fatto sollevare un vespaio di polemiche e sulla quale il guardasigilli Orlando ha chiesto una dettagliata relazione. “Mi sono stancato. La Corte d’Appello è diventata un collo di bottiglia”, dice Giardina che invia un messaggio ai familiari delle vittime: “Rispetto il loro dolore, hanno la mia solidarietà. Dico loro che tutto si concluderà comunque tra pochi mesi. Il nuovo presidente verrà nominato in tempi brevi e fisserà il calendario velocemente”.