La retromarcia del governatore dopo aver difeso la scelta del direttore generale della Sanità che aveva sospeso fino al 2019 l'obbligo delle vaccinazioni per iscriversi ad asilo nido e materna. Esulta il ministro della Salute che nei giorni scorsi aveva definito il decreto "un atto irresponsabile". La delusione del popolo novax e lo sconcerto dei leghisti
Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ci ha ripensato e ha deciso di sospendere il decreto di moratoria di due anni che avrebbe permesso alle famiglie di presentare la documentazione vaccinale per i bimbi da zero a sei anni, entro il 2019, ed evitare così la decadenza dell’iscrizione dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia già a partire da questo anno scolastico. Allo stesso tempo verrà portato in Consiglio di Stato il quesito relativo ai tempi di applicazione per le iscrizioni dei non vaccinati. E’ già finita, dunque, la “disobbedienza civile” del Veneto alla legge sui vaccini. Ha resistito fino a una settimana dall’apertura delle scuole e giusto il tempo di solleticare la politica nazionale, con Salvini che parla di imposizione sovietica e Renzi che invita a “non giocare sporco” sulla salute dei bambini. Oggi, via Facebook, l’annuncio dello stesso Zaia del passo indietro. La notizia viene molto apprezzata dalle parti del ministero della Salute. “Apprendiamo con soddisfazione la decisione del Veneto di allinearsi alla normativa nazionale”, afferma il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin che nei giorni scorsi è arrivata a minacciare il commissariamento della Regione. E mentre la politica apprezza o al più vezzeggia il passo indietro del leghista, la rete s’infiamma tra delusione dei novax e dei leghisti che avevano creduto nella resistenza e nell’autonomia vaccinale del Veneto. Con un occhio all’appuntamento del 22 ottobre, data del referendum sull’autonomia che è una prova di forza per le regioni a trazione leghista.
Il repentino passo indietro
L’inizio della vicenda è del 4 settembre, quando il direttore generale della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan, aveva predisposto le “indicazioni regionali in regime transitorio di applicazione della legge Lorenzin”, la norma che stabilisce il divieto di frequentare asili nido e scuole d’infanzia per i bambini che non sono vaccinati. In queste indicazione era contenuta una moratoria del divieto di iscrizione, fino all’avvio dell’anno scolastico 2019-20, per i bambini da 0 a 6 anni che non siano vaccinati. Di fatto uno stop all’obbligo di vaccinazione. La struttura sanitaria veneta prendeva lo spunto da quella che viene definita una “vistosa incongruenza” tra due articoli della legge nazionale 119/2017 . In sostanza, in una parte della norma si afferma che la presentazione dei documenti è un “requisito di accesso”, ma in un altra si posticipa al 2019 l’obbligo, pena la “decadenza dall’iscrizione”. A Venezia affermavano che il dubbio induceva a rinviare tutto di due anni.
Zaia aveva difeso ancora ieri la scelta e negato che la moratoria fosse un atto ostile nei confronti della linea decisa dal ministro Lorenzin. “Non facciamo questi provvedimenti per cercare la rissa o creare epidemie, li facciamo perché applichiamo la legge e secondo i miei autorevoli tecnici la nuova legge ci permette di mettere in piedi una moratoria affinché ci sia un atterraggio morbido rispetto a quanto previsto”, aveva spiegato martedì il governatore del Veneto. Per il ministro Lorenzin invece è un atto “irresponsabile“. “Ci riserviamo tutte le azioni di nostra competenza, il decreto del Veneto non è sostenibile. Se derogano di due anni, si assumono la responsabilità di quello che può accadere in ogni struttura e ai singoli alunni”, aveva detto al Corriere della Sera. Ora è arrivata la retromarcia dello stesso Zaia. Che però cerca di tenere il pallino davanti a chi lo accusa ora, anche sulla sua bacheca Facebook, di “aver calato le braghe“.
La versione di Zaia: “Noi sempre pro vaccini”
“Risultano imbarazzanti le polemiche alle quali abbiamo assistito”, si difende Zaia. “Il Veneto ha sempre confermato la sua posizione a favore dei vaccini e a difesa del suo modello, unico in Italia, che si basa sulla non obbligatorietà e il dialogo con le famiglie”. Rileva il governatore ricordando che è un modello “condiviso da altri 15 Paesi europei, tra i quali Germania, Spagna e Gran Bretagna”. “Inoltre ricordo – evidenzia – che proprio noi come Regione Veneto in tempi non sospetti, nel novembre 2016, abbiamo approvato un provvedimento per la scuola per i bimbi da zero a sei anni che impone che in ogni classe ci sia almeno il 95% dei bambini vaccinati. le polemiche alle quali abbiamo assistito sono alimentate da una scarsa conoscenza del tema”.
“Voglio inoltre ricordare – prosegue Zaia – che i bimbi da zero a sei anni già iscritti e privi di vaccinazione, in virtù delle direttive ministeriali a supporto della legge, per il tramite dell’Istituto dell’autocertificazione potranno comunque essere ammessi agli asili nido e scuole d’infanzia. E’ la dimostrazione che tutte le dichiarazioni fatte da molte persone erano prive di una conoscenza delle norme. Ricordo, sempre a quelli che ci hanno dato degli untori, che i ragazzi dai sei ai 16 anni interessati dalla scuola dell’obbligo in base a questa legge devono frequentare anche se privi di vaccinazione perché a loro è garantito l’obbligo scolastico. Un’altra dimostrazione che molti prima di parlare dovrebbero stare zitti”.
Le reazioni politiche al passo indietro
“Apprendiamo con soddisfazione la decisione del Veneto di allinearsi alla normativa nazionale”, ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin appena appresa la notizia del cambio di rotta. Il governo era già al lavoro sul ricorso da presentare contro il provvedimento preso lo scorso 4 settembre. “Il buon senso, e la tutela della salute dei bambini, vince”, ha scritto su Twitter il capogruppo alla Camera di Alternativa popolare, Maurizio Lupi. “Come Comune rispetteremo la legge – ha detto il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro – e faremo tutto quel che richiede. Quello che chiediamo noi alla Regione è, a una settimana dall’inizio della scuola, di dare comunicazioni chiare alle famiglie”.
Ieri Matteo Salvini si era schierato al fianco di Zaia. Il segretario della Lega Nord aveva detto che quella sui vaccini è “una battaglia di libertà e di cura fondata sulla cultura e la modernità. C’è una sola Regione che ha l’anagrafe vaccinale certificata, il Veneto, dove è vaccinato il 93 per cento dei bambini. Vaccinarsi – e da questa frase sono nate molte polemiche – deve essere una libera scelta, non un obbligo sovietico”.
A invitare il Veneto al ripensamento, invece, era stato il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta: “Ci siamo impegnati molto sul provvedimento sui vaccini, sulla loro obbligatorietà e sulle coperture. Non sono possibili il ‘fai da te’, i dubbi e una copertura parziale. Per questo abbiamo fatto un appello al governatore Zaia per un’immediata applicazione della normativa nazionale per non generare confusione e incertezza in una delle Regioni all’avanguardia nella sanità in Italia e in Europa”.
Delusione dei novax (e di molti leghisti): “Che figura ci ha fatto fare?”
“Pazzesco.. ma che figura hai fatto fare alla Lega?”, è uno dei commenti al post di Zaia. “E speri che il 22 la gente vada a votare? Solo con minacce di morte alla mia famiglia io avrei fatto una figura del genere, non per una letterina e neanche per dichiarazioni di ministre non votate dagli italiani. Preferivo il commissariamento della Regione…Bell’autogol!”. E ancora, scrive tal Ezio Grazioli: “Una calata di braghe così repentina non é gran cosa. Ma quanti cacchio di interessi ci sono dietro sta porcata allitaliana? Perché non c’è assolutamente nessuno che parli onestamente?”. Qualcuno però difende ancora il governatore: “Grazie Presidente per aver provato ad opporsi, ma ci spieghi le sue ragioni.Io ho sempre più paura per me ed i miei figli di rimanere in questo Paese…”.