Dopo un quarto di secolo tramonta il sole sul regno di Graydon Carter a Vanity Fair. Lo storico direttore di un magazine che ha fatto da mattatore tra le celebrità di Hollywood, i palazzi della politica e i media di Manhattan lascerà il posto in dicembre dopo 25 anni e sei mesi al timone.
“Data la sua influenza e la statura sul mondo dell’entertainment, non è soltanto un cambio della guardia, quanto un passaggio di dimensioni dinastiche”, ha commentato il New York Times che rende omaggio a una figura che, nel sempre mutevole panorama dell’informazione 24 ore su 24, è riuscito a tenere in piedi un mensile capace di sfondare le breaking news: come quando nel 2005 “Vanity Fair” identificò “Gola Profonda” dello scandalo Watergate nell’ex numero due dell’Fbi Mark Phelps.
Con Carter al timone, il mensile ha nutrito talenti come quello di Christopher Hitchens e di Dominique Dunne, della fotografa Annie Leibovitz e del critico James Walcott. Forte dell’esperienza da ristoratore – suo il Waverly Inn del Village – il direttore aveva messo Vanity Fair al centro della sera degli Oscar con il party del dopo consegna dei premi diventato da subito l’appuntamento più desiderato dalle star del red carpet. “Ho deciso di andarmene finché la rivista è al top”, ha spiegato al Times lo stesso Carter che ha 68 anni e che ha ogni intenzione di godersi un “terzo atto” a partire da un’”aspettativa” di un anno “per giardinaggio” e una casa in affitto Provenza.
Anglofilo e fissato con le celebrità, i super-ricchi e gli aristocratici meglio se decaduti, Carter è uno dei pochi influenti direttori di riviste rimasti nel panorama dei media americani (Anna Wintour dello stesso gruppo Conde Nast è una e l’altro è David Remnick del “New Yorker”) e il suo addio aprirà certamente un valzer dei direttori con Adam Moss del New York e Janice Min di Hollywood Reporter in pole position. Quanto alla data del ritiro, lo stesso Carter ha spiegato che avrebbe voluto farlo già l’anno scorso ma l’elezione di Donald Trump, una sua antica nemesi, lo ha indotto a restare almeno un altro po’.