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Intercettazioni, M5s: “Pd come Berlusconi, si accanisce con chi indaga e non colpisce i corrotti”. Il silenzio dei dem

Il Movimento 5 stelle sulle anticipazioni al decreto sulle intercettazioni che vieta ai pm i virgolettati e limita l'uso dei virus spia: "Renzi vuole portare a casa una norma che impedirebbe ai magistrati di perseguire i corrotti. Ci aveva provato, a suo tempo, Silvio Berlusconi". Di Pietro contrario all'uso dei riassunti: "Controproducente e sbagliato". Dal Pd nessuna reazione

Il Partito democratico in “affinità e continuità con i precedenti governi Berlusconi” sta preparando “un decreto-bavaglio” sulle intercettazioni. Per il Movimento 5 stelle “anziché andare a colpire corrotti e corruttori, il decreto messo a punto dal Pd e dal ministro Andrea Orlando rappresenta un vero e proprio accanimento nei confronti di coloro che ogni giorno cercano di combattere la corruzione e il malaffare”. Sono le parole di Enrico Cappelletti, capogruppo M5s al Senato, che commenta le anticipazioni sulla bozza del ddl intercettazioni. Sette pagine inviate dal ministro Orlando ai procuratori italiani, in cui viene vietata la pubblicazione integrale di telefonate e ambientali e viene limitato l’uso dei trojan, i captatori informatici che permettono di ‘entrare’ nei cellulari. Sette pagine che il Pd evita di commentare, almeno per il momento, e che non piacciono anche all’ex pm di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, che ha definito quanto emerso “controproducente e sbagliato”.

Renzi vuole portare a casa una norma che impedirebbe di fatto ai magistrati di fare il proprio mestiere nel perseguire i corrotti e di avere un importante strumento per condannare coloro che si macchiano di gravi reati”, si legge in una nota del gruppo M5S alla Camera. “Ci aveva provato, a suo tempo, Silvio Berlusconi, per salvarsi dai processi, ed ora – rimarcano – ci prova l’avatar di Renzi, il governo Gentiloni“. Questa norma salverebbe gente come “Buzzi, Carminati, chi rideva del terremoto a L’Aquila e i cosiddetti ‘furbetti del quartierino'”, sottolineano i pentastellati, ma cancellerebbe anche con “un colpo di spugna” l’inchiesta Consip, “per salvare Tiziano Renzi, Luca Lotti e il cerchio magico”, conclude il gruppo M5s a Montecitorio.

“Le indiscrezioni riportate da Repubblica confermano i timori manifestati dal M5s sin dalla discussione della delega sul processo penale”, dichiara invece Cappelletti.  “Queste limitazioni – insiste il senatore – appaiono assurde e pericolose, se si considera che in un Paese come il nostro la corruzione rappresenta un fenomeno ormai incontrollabile“. “Il decreto mette definitivamente fine alla pubblicazione delle intercettazioni anche laddove queste ultime coinvolgono personaggi di rilevanza pubblica o politici che potranno apparire agli occhi dei cittadini immacolati – sottolinea ancora Cappelletti – anche quando sono coinvolti in inchieste giudiziarie di mazzette e appalti“. “Un comportamento decisamente vergognoso ed irresponsabile che rende di tutta evidenza affinità e continuità con i precedenti governi Berlusconi”, conclude il senatore M5s.

Contro il divieto di riproduzione integrale nelle richieste dei pm di comunicazioni e conversazioni intercettate, sostituite da un riassunto del contenuto, si schiera invece Di Pietro. Secondo l’ex pm di Mani Pulite, “una cosa è la pubblicazione extragiudiziaria, altra la motivazione contenuta nel provvedimento giudiziario che non può essere sintetica. Quindi, non sono d’accordo sulla sintesi giudiziaria, mentre lo sono sui limiti di pubblicazione di intercettazioni che con l’inchiesta non c’entrano”. “Innanzitutto – sottolinea l’ex magistrato – non va limitata per gli uffici inquirenti la possibilità di utilizzare le intercettazioni per accertare chi commette reati: questo strumento è necessario. Quanto ai contenuti, non v’è dubbio che mettendo sotto intercettazione un’utenza telefonica, da lì si ascolta di tutto: ciò che ha rilevanza penale e ciò che potrebbe fare notizia sotto il profilo del gossip“. Ma “i limiti non devono essere posti all’interno del processo: tutte le parti devono poter avere acceso all’integralità“.

L’altro commento politico arriva da Enrico Costa, ex viceministro della Giustizia nel governo Renzi, ex Ncd e neo-entrato nel gruppo misto “Fare! – Pri – Liberali”, dopo aver lasciato l’incarico da ministro agli Affari regionali. “C’è il metodo e il merito. Quanto al primo, sarebbe interessante capire quali siano i soggetti ‘legittimati’ a conoscere il testo e a formulare osservazioni ed in base a quale logica siano stati individuati”, afferma. “Quanto al merito – aggiunge Costa – mi pare una interessante base di discussione, sulla quale le Commissioni parlamentari potranno esprimersi. L’auspicio è che non intervengano repentini dietrofront“.