Cervelli in fuga

Ricercatrice in Brasile. “Sono scappata dall’Italia. Che, però, non è il peggiore dei mondi esistenti”

Elisa Brasili, nata ad Aprilia 34 anni fa, è laureata in Biologia Cellulare e Applicata alla Sapienza. Ha trascorso sette mesi in Brasile durante il dottorato, poi è riuscita a trasferirsi in pianta stabile dal 2015. E oggi lavora al Food Research Center dell’Università di San Paolo: "Hanno dei laboratori che in Italia ci sogniamo"

“La prima volta che ho messo piede in Brasile è stato come tornare a casa”. Ci sono viaggi che sono partenze e altri che sono punti di arrivo. Quello di Elisa Brasili, nata ad Aprilia, vicino Roma, 34 anni fa, rientra nella seconda categoria: “Il luogo del mio destino ce l’ho scritto nel cognome”, scherza lei, che in realtà quel destino se lo sta costruendo con entusiasmo e determinazione. Dopo la laurea e il dottorato in Biologia Cellulare e Applicata alla Sapienza “sono scappata dall’Italia”, racconta. Alla base della sua scelta, però, non c’è nessuna recriminazione, solo una gran voglia di scrivere una nuova pagina.

E già durante i primi anni da ricercatrice, Elisa è riuscita a fare un’esperienza all’estero: “La mia tutor mi aveva detto che a Roma non c’erano fondi né speranze di continuare con il mio lavoro di ricerca, così ho partecipato a un concorso per vincere una borsa di studio di perfezionamento in un altro Paese”. E quella è stata la prima occasione per fare un salto in Brasile: “In quei sette mesi ho portato a termine il mio progetto di dottorato sulle piante medicinali e i composti bioattivi con funzioni benefiche per la salute umana”, spiega.

Il luogo del mio destino ce l’ho scritto nel cognome

Una volta scaduta la borsa di studio, Elisa è rientrata in Italia: “Ma quel breve periodo è bastato a farmi innamorare del Paese, così ho fatto di tutto per tornare”. Di lì a poco arriva l’opportunità giusta: “Il Food Research Center dell’Università di San Paolo mi ha chiamata per un colloquio e da gennaio 2015 sono tornata in Brasile in pianta stabile”, racconta. L’accoglienza è stata delle migliori: “Hanno dei laboratori che in Italia ci sogniamo e sono pronti a fornirti qualsiasi strumento di cui hai bisogno – sottolinea -, lo straniero è visto come una risorsa, quando arrivi sono pronti a stenderti il tappeto rosso”. Un bel salto di qualità rispetto all’Italia, anche se la nostra mentalità accademica un po’ le manca: “Qui ognuno lavora per conto suo, non ci sono modelli a cui ispirarti – ammette -, sei solo tu a motivarti e non ci sono molte opportunità di confronto con gli altri”.

Nonostante il grande amore per quella terra verdeoro, Elisa è ben consapevole dei limiti del Paese che la ospita: “Il Brasile è stato per me il grande cambiamento e mi ha permesso di costruirmi una nuova visione della vita, ma è riduttivo pensare che sia solo samba, spiagge e belle donne – sottolinea -. Nella realtà di tutti i giorni è un Paese pieno di difficoltà e di contraddizioni”. Dal punto di vista della sicurezza, poi, la strada da fare è ancora lunghissima, come Elisa ha avuto modo di provare sulla sua pelle: “Lo scorso febbraio sono stata aggredita mentre tornavo a casa dal lavoro in bicicletta – racconta -. Un gruppo di ragazzi di una favela vicino all’università mi ha circondata e spinta a terra, poi mi sono passati sopra con le loro biciclette”. Questa vicenda, oltre al grande spavento, le è costata una frattura scomposta dell’omero: “Sono stata operata di urgenza e la cicatrice me la porterò dietro tutta la vita”, sottolinea. Purtroppo episodi come questo in Brasile sono all’ordine del giorno: “Mi ritengo fortunata perché sono viva e lo posso raccontare – ammette -, questi gruppi di malintenzionati arrivano anche a uccidere pur di rubare un cellulare o una bicicletta”.

Ho sempre avuto nostalgia dell’immensa bellezza del nostro Paese

Dopo il grande spavento Elisa è tornata a sorridere, ma tutto questo le ha permesso di guardare all’Italia con occhi differenti: “Ho sempre avuto nostalgia dell’immensa bellezza del nostro Paese – sottolinea -, e ora ho anche imparato ad apprezzare la libertà che abbiamo di camminare per strada senza essere costretti a guardarci le spalle”. Un privilegio non da poco: “A differenza di quanto ci piace sempre affermare – conclude, l’Italia non è di certo il peggiore dei mondi esistenti”.