La terribile storia di Tiziana Cantone a certi scafisti della stampa populista non ha insegnato proprio nulla. Pubblicare i dettagli dello stupro di Rimini vuol dire violentare la vittima una seconda volta, candidandola, se mai verrà identificata – e c’è solo da sperare che ciò non avvenga neppure in Polonia – al linciaggio del web, suo e dei suoi mostri. Credo che qualche “collega” dovrebbe chiedere scusa ai genitori della ragazza polacca violentata a Rimini. Concordo in pieno con la dichiarazione che oggi si legge sul sito della Federazione nazionale della stampa (Fnsi) e sostengo l’esposto sottostante nella speranza che ad alcuni sciacalli venga messa, almeno per qualche tempo, la museruola.
«Due volte vittime. Per avere subito violenza sessuale di gruppo e dover subire in seguito anche quella di un giornalismo senza scrupoli che pubblica la trascrizione dei verbali con i dettagli più raccapriccianti dello stupro. È quello che ha fatto il quotidiano Libero con un articolo a sei colonne sugli stupri di Rimini a una turista polacca e a una transessuale peruviana».
Per quell’articolo le Commissioni pari opportunità della Fnsi, dell’Ordine e dell’Usigrai e l’associazione Giulia annunciano di aver presentato un esposto ai Consigli di disciplina degli Ordini della Lombardia e del Lazio in merito a come il quotidiano diretto da Vittorio Feltri e Pietro Senaldi.
«Non si può invocare il diritto di cronaca – spiegano le giornaliste – di fronte a una palese violazione della deontologia professionale che con il Testo unico dei doveri del giornalista impone loro, a tutela della dignità della persona, di non “soffermarsi sui dettagli della violenza”. Un giornalismo che decide di divulgare, nel dettaglio, tutti i particolari, anche i più intimi, della brutale aggressione, vuole ammiccare alla curiosità morbosa dei lettori e far leva sul sensazionalismo, incurante del diritto delle vittime alla privacy e del rispetto dovuto alle vittime. Che si trovano a subire un ulteriore atto di abuso nella loro sfera intima».