“Aiutiamoli a casa loro” resta solo uno slogan. Perché la frase ribadita pochi giorni dall’ex premier Matteo Renzi, che aveva proposto questa “soluzione” al problema dei migranti nel suo ultimo libro Avanti, fa a cazzotti con i dati sugli aiuti pubblici allo sviluppo (Aps) e sul paradosso italiano. La Penisola, infatti, pur restando molto lontana dall’obiettivo dello 0,7% del pil fissato dalle Nazioni Unite, ha in effetti aumentato i fondi stanziati per la cooperazione sia in termini assoluti che percentuali. Ma è anche tra gli Stati che più degli altri utilizzano queste risorse per l’accoglienza ai rifugiati in patria invece di destinarle a progetti e iniziative mirati appunto a migliorare le condizioni nei Paesi di provenienza. Insomma, altro che “a casa loro”: una buona fetta di soldi serve per aiutare chi proviene da Paesi poveri, ma “a casa nostra”.
Su 4,8 miliardi oltre 1,6 sono stati usati per l’accoglienza – Lo confermano i dati dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. E anche il ‘Data Report 2017: finanziare il secolo Africano’ di One campaign, l’organizzazione fondata da Bono Vox che monitora i contributi economici dei Paesi donatori. In Italia si registra un vero e proprio paradosso. Gli aiuti sono gradualmente cresciuti negli ultimi quattro anni: si è passati dallo 0,12% del pil nel 2012 allo 0,16% nel 2013 e allo 0,19% nel 2014. Nel 2015 si è arrivati allo 0,22%, circa 4 miliardi di euro, e nel 2016 allo 0,26%, pari a 4,85 miliardi: un incremento del 20 per cento. Eppure l’Italia utilizza nell’accoglienza ai rifugiati il 34% delle risorse che sarebbero destinate ai Paesi poveri. Parliamo di oltre 980 milioni di dollari nel 2015, più di 1,66 miliardi nel 2016 (1,51 miliardi di euro, il 76% degli aiuti bilaterali), più di quanto il nostro Paese abbia destinato agli aiuti per l’Africa.
Impegni poco ambiziosi – Il rapporto di One sottolinea che “sebbene il ministro degli Affari Esteri Angelino Alfano abbia definito la cooperazione allo sviluppo ‘un importante investimento strategico e un pilastro della nostra politica estera’” e sebbene siamo, insieme al Canada, il quarto maggiore donatore del G7, “gli impegni dell’Italia nel lungo periodo sono rimasti invariati”. Secondo Kate Critchley, direttrice esecutiva per l’Europa di One, “ospitando i leader del G7 in Sicilia, luogo geograficamente più vicino all’Africa di ogni altra precedente sede del vertice, l’Italia ha inviato un segnale positivo della sua volontà di assumere un ruolo prominente nel forgiare un nuovo partenariato internazionale con il continente”. Eppure il nostro Paese continua a non rispettare gli impegni internazionali in materia di aiuti oltremare e l’organizzazione definisce “preoccupante” la quota del bilancio complessivo stanziato dall’Italia rappresentato dalla spesa interna per l’assistenza ai rifugiati.
“L’Italia fa bene a investire nella sicurezza e nell’accoglienza dei profughi e deve continuare a farlo – spiega l’ong – ma questi costi non dovrebbero contare come assistenza internazionale allo sviluppo”. Quest’anno il governo si è impegnato a destinare all’Aps lo 0,3% del Reddito nazionale lordo entro il 2020 e lo 0,7% entro il 2030. “Questa misura manca di ambizione e non è adeguata a riflettere l’aumento del bisogno di aiuti” sottolinea la ong che, in vista delle prossime elezioni, chiede “ai partiti politici di impegnarsi a destinare lo 0,5% del proprio reddito nazionale lordo all’Aps entro la fine della prossima legislatura”.
Aiuti allo sviluppo a livelli record. Ma cresce la quota usata nei Paesi ospitanti – Secondo i dati dell’Ocse in tutto il mondo nel 2016 sono stati spesi 142 miliardi di dollari in aiuti pubblici allo sviluppo, con un incremento dell’8,9% rispetto al dato del 2015. Eppure il rapporto report 2017 di One Campaign mostra come la quota degli aiuti pubblici allo sviluppo destinata davvero ai Paesi meno sviluppati sia scesa al 28% nel 2016, rispetto al 32% di soli quattro anni fa. Così, come già sottolineato dall’Oxfam, più del 10% di queste risorse sono impiegate all’interno degli Stati donatori per le spese legate all’emergenza migranti. Nel 2016 sono stati spesi così 15 miliardi di dollari, tre miliardi in più (+27,5%) rispetto al 2015. Dunque, nonostante gli aiuti pubblici allo sviluppo abbiano raggiunto livelli record, “i Paesi più poveri del mondo ricevono una quota decrescente delle risorse globali in un momento storico molto delicato”. L’Africa, che ospita oltre il 50% dei più poveri del mondo, è la più colpita: le promesse di aiuto dei paesi donatori non vengono mantenute, gli investimenti diretti dall’estero sono scarsi e il reddito interno è in calo.
L’Ong sottolinea che il tempismo non potrebbe essere peggiore. L’Africa ne risente più pesantemente “considerato che i Paesi donatori non hanno rispettato le promesse sull’Aps, nonché a causa dei bassi livelli di investimenti diretti esteri (Ide) e della diminuzione delle risorse interne”. La quota degli aiuti globali destinati all’Africa è scesa dal 36% nel 2012 al 32% nel 2016. “Entro il 2050 – ricorda l’organizzazione – la popolazione di questo continente è destinata a raddoppiare e a diventare la più giovane del mondo: sarà infatti 10 volte quella dell’Unione Europea”.
Il Renzi-pensiero: “Non c’è dovere morale di accogliere” – Alcuni stralci del libro di Renzi, riguardanti le politiche sull’immigrazione, erano stati anticipati dal sito del Partito Democratico a luglio, suscitando non poche polemiche, tant’è che un post riassuntivo pubblicato sulla pagina Facebook del Pd è stato poi misteriosamente cancellato. Ma qual è il Renzi-pensiero? “Dobbiamo avere uno sguardo d’insieme – scrive l’ex premier – uscendo dalla logica buonista e terzomondista”. Renzi invita a liberarsi “dal senso di colpa” verso tutti coloro che stanno peggio: “Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo. Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli. E di aiutarli davvero a casa loro”. E ripetiamocelo pure. Solo che i dati sugli aiuti vanno in direzione opposta e contraddicono quello che, a parole, è il Renzi-pensiero.