Bentornati a Ten Talking Points, l’unica rubrica che vi scrive da New York tra un concerto di Eric Clapton, una sessione sadomaso con Rosario Dawson e un’epifania imminente di Roger Waters. Altre considerazioni.
1. Ho visto poco e nulla, quindi mi ispirerò più del solito a Maurizio Pistocchi: andrò a caso.
2. Tra le cose che non riesco a capire, oltre a Motta e Despacito, c’è questa gara a sostenere che Dybala sia sopravvalutato. A me pare che, anche con la pesantezza della maglia “10”, si sia messo sulle spalle una Juve forse meno forte di un anno fa, ma non meno vorace e carnivora. È un calciatore meraviglioso, che può crescere ancora. E la Juve è ancora quella da battere.
3. Sì, però con meno margine. Ve lo dicevo nell’anteprima TTP di agosto e ve lo ribadisco: Juve, Napoli, Inter. Il podio sarà questo, non necessariamente in quest’ordine, e i distacchi non sono più abissali. Il Napoli è sempre più bello e un anno fa la gara di Bologna magari non l’avrebbe vinta. È riuscito a divenire più estetizzante e, al contempo, più cinico. Si asserisca dunque con chiarezza, qui, che il Che Gue Sarri regna con inesausta cupidigia bolscevica. Scintilla poi, con iridescenza marchiana, Dries Mertens. Ieri ha preso palla a centrocampo, si è fatto quaranta metri palla al piede con andatura Playstation e poi, dopo aver segnato, neanche ha esultato. La sua garbata supponenza mi esalta oltremodo.
3 bis. Permane però, nel Napoli, il problema tecnico-tattico Francesco Modugno. Ogni suo servizio per Sky è un concentrato surreale di vocalizzi, ghirigori tra Carmen Consoli e Dolores O’ Riordan, supercazzole singhiozzate e lirismi estratti a caso dal fustino scontato del Dixan. Comincio a pensare che Modugno lo faccia apposta: è un destrutturatore del linguaggio. Se così fosse, saremmo di fronte al nuovo Gadda. È torcida?
4. Con il terzo posto già in tasca, obiettivo minimo e anzi forse stretto, l’Inter viaggia a punteggio pieno. Non prende gol, ha un centrocampo di cerebri sontuosi e Icardi segnerà 47 reti. Pazzesca la rete di Perisic, che qualche citrullo ad agosto voleva vendere. Spalletti era l’uomo giusto, e forse l’unico possibile, per dare equilibrio e autostima a un ambiente complicato. Lo scudetto è possibile, la qualificazione in Champions certa. Applausi.
5. Bonucci era già parso in grande difficoltà con Cagliari e Spagna. Diceva bene Adani a inizio stagione: “Grande acquisto, ma anche lui dovrà ricominciare tutto da capo e non sarà facile”. Montella ha sbagliato come tutti, e lo ha ammesso. Dovrà fare in fretta per allestire la difesa a tre, Bonaventura (se sta bene) in panchina non va lasciato mai e Kalinic deve giocare sempre. Siamo solo all’inizio e per i processi c’è tempo, ma una scoppola simile può provocare una reazione positiva come pure una depressione generalizzata. Si vedrà.
5 bis. Con i primi tre posti già assegnati, la vittoria di Vecchioni ai Mondiali nel 2018 e la quarta piazza presidiata dalle due romane, per il Milan non si mette comunque benissimo. Fassone ha ammesso che, senza qualificazione in Champions, (almeno) un big dovrà andare via. Ahi.
6. Poi però bisogna sempre ricordarsi che, quando si perde, magari è “solo” perché gli altri sono più forti. E la Lazio, sempre poco considerata (talora anche da me), di sicuro non è più debole del Milan. Puerili le lamentele di Bonucci per l’eccessiva boria agonistica di Immobile: che doveva fare, flagellarsi per chiedere scusa della tripletta? Fa benissimo a godersela. Inzaghi sempre più bravo.
7. Se il Pd fosse un calciatore, secondo me sarebbe Bertolacci.
8. Pecchia lo vedo bene.
9. Benevento sempre più sfigato, Torino stranamente cinico. Mirabile la segnatura del prode Veretout. Pesante la vittoria dell’Atalanta, che rischiava di restare al palo e deve ringraziare un gol (ovviamente brutto) del totem massellato Petagna, la cui grazia nei movimenti è pari allo stile arcaico del pettinarsi. Si ridesta pure l’Udinese. Solita partenza ad handicap per il Crotone. Ottimo l’esordio in Bundesliga di Fedriga.
10. Ieri camminavo nella Lexington Avenue. A un certo punto bloccano la strada. Chiedo il motivo, col mio stentato inglese. Mi rispondono: “Qualcuno sta picchiando tutti col suo pugno di fuoco!”. Mi sporgo a vedere: era l’Iron Fist. Era Nardella.