Io ci ho provato a rilassarmi, questa estate. A volte ci sono pure riuscito, ma mai completamente perché sapevo, sentivo dentro di me che da un momento all’altro sarebbero comparse frotte di bambini dall’ugola scatenata. E così è stato, tutto agosto mi sono sorbito urla spaccatimpani urbi et orbi: al mare sui colli sottoterra e pure in cielo.
Ero sdraiato su un morbido prato la notte di San Lorenzo, quando un papà seduto accanto a me dice ai suoi gemellini pel di carota che l’indomani non sarebbero andati all’Aquapark di Riccione. Guardando le stelle cadenti, ho sperato che si trasformassero negli asteroidi del Buondì Motta. Ero in aereo accoccolato sul sedile, un raggio di sole mi scaldava la guancia… mi sono addormentato; tre minuti dopo la fusoliera è diventata la cassa di risonanza delle risate argentine del seienne Kevin, che ha iniziato a fare avanti e indrè dalla prima all’ultima fila e non contento si è messo pure ad armeggiare con l’uscita di sicurezza. “Signora, forse non è il caso che il bambino stia lì!”, si è lamentato qualcuno. Madre: “Ma sta giocando! Amore vieni che mangi”. Non ho fatto in tempo a tirare il fiato che mi è arrivato in testa un pezzo di salame, così ho capito che il Kevin che ha ispirato mammà e papà non era quello di Balla coi lupi, ma l’altro, quello di Mystic River.
Undicimila metri più in basso, una ragazza ha pensato bene di trascinare il criaturo alla scoperta dei pertugi umidi delle grotte di Castellana, prima che a suon di strilli quello non le ha fatto capire che mamma forse è il caso di tornare sopra qua sotto fa freddo è buio e magari mi scappa pure la cacca. E che potevano mancare i pargoli al mare? Come sarebbe bello se sguazzassero senza smuovere ettolitri d’acqua e invece no… fanno la spola ombrellone-bagnasciuga, io ero lì sul mio asciugamano liscio e pulito aspettando che the sun goes down on me ma oltre al sun c’èra pure tanta sand che neanche nelle tempeste di sabbia dell’Arizona.
Segno del destino: prima di partire per le ferie il mio capo mi ha mandato un articolo, questo. Il dorso bolognese del Corrierone scriveva in prima pagina che un agriturismo del pianorese, zona collinare a una manciata di chilometri da Bologna, ha interdetto per l’estate l’accesso a bimbi e animali. “E la notizia dove sta?”, ho pensato. Insomma, non si trattava di quel deficiente che ha vietato nel suo b&b l’ingresso a gay e animali. Quella era discriminazione mentre questa, mi sono detto, è solo la scelta di un proprietario che d’estate – quando è aperto il generatore di urla moleste per antonomasia, la piscina – non vuole marmocchi nella sua struttura, perché disturbano la quiete e il riposo dei clienti.
La notizia, in realtà, stava proprio nel fatto che in Italia le strutture childfree sono ancora in netta minoranza rispetto a quelle “normali”. Questo vuol dire anche che ci vuole un attimo a beccarti le polemiche e gli insulti dei moralisti online. E infatti sulla pagina di Tripadvisor del Ciuffo di Pianoro qualche cliente (ci metto la mano sul fuoco che sono mamme blogger) si è lamentato della stressante richiesta di silenzio da parte del bagnino. Che maleducato! E il proprietario che dice? “Anche con i bambini più tranquilli ne capitavano ogni giorno di tutti colori. Così abbiamo deciso di escludere tutti gli under 14 per tutelare il relax altrui. E, nonostante le critiche, la nostra realtà va a gonfie vele”.
La moda delle strutture childfree è nata in America più di dieci anni fa e si sta espandendo un po’ alla volta anche in Europa, persino nei Paesi notoriamente “children friendly” del nord come Germania, con i suoi caffè Kinder verboten, Austria e Svezia, con gli alberghi off limit agli under 12. Ma anche in Spagna, dove la catena Iberostar fa pernottare solo ospiti over 14.
E in Italia? Anche noi abbiamo le nostre (poche ma belle) strutture childfree. Un target adulto è preferito da resort esclusivi come l’hotel Mont Blanc in Valle d’Aosta e la Medical Spa Villa Eden di Merano, dove il rumore più forte che abbia lambito le mie orecchie era il gracidio tremulo delle rane nel laghetto.
Ora vi starete chiedendo se un proprietario può impedire a una famiglia con bambini di entrare nella sua struttura. Secondo il Tulps, il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, i titolari di pubblici esercizi “non possono senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”. Quindi nel caso di un albergo, a meno che l’ospite non fornisca la carta d’identità, se ci sono stanze libere non si può tenerlo alla porta solo perché è bambino e strilla. Di solito però non si arriva mai fino a questo punto o perché la famiglia comprende prima della prenotazione che quella struttura non è adatta o perché il proprietario della stessa, dovendo scegliere tra Laura e Giorgio e Laura e Giorgio + 3, sceglie i primi. E io non mi sento proprio di dargli torto.