Migliaia e migliaia di supplenti, come sempre. Ma se non altro in cattedra in tempo per il suono della prima campanella, o giù di lì. L’anno scolastico riparte dalle vecchie abitudini: le proteste dei docenti per le assegnazioni lontano da casa e lo stipendio bloccato, i timori di studenti e famiglie per i disagi in classe (specie per i ragazzi che hanno bisogno del sostegno). La riforma non è riuscita a curare la “supplentite”, come l’ex premier Matteo Renzi e l’ex ministra Stefania Giannini avevano promesso. Anche perché le assunzioni continuano ad andare a vuoto: a fronte delle 52mila autorizzate dal governo, quelle effettive sono state molte di meno. Tutti posti che vanno a infoltire le schiere del precariato e a far sì che pure stavolta il conto delle supplenze avvicinerà quota 100mila.
DOCENTI IN CATTEDRA – Settembre 2016: le scuole riaprono, i docenti non ci sono, i presidi impazziscono alla ricerca dei supplenti e gli studenti si ritrovano per settimane in classi scoperte o accorpate. Quello che doveva essere il vero inizio della Buona scuola fu la sua caporetto. Colpa della mobilità straordinaria che per tutta l’estate 2016 aveva visto decine di migliaia di docenti spostarsi da una parte all’altra dell’Italia, e poi aveva avuto ripercussioni a catena sull’avvio dell’anno. Stavolta le cose dovrebbero andare un po’ meglio: la nuova ministra Valeria Fedeli forse ha imparato la lezione dei suoi predecessori ed è riuscita quantomeno ad evitare il disastro della scorsa stagione. Lo conferma anche Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil: “Grazie all’accordo sulla mobilità e alle tempistiche più strette nelle procedure, c’è stato un piccolo passo avanti”.
Non che i disagi siano mancati: la “chiamata diretta” (il nuovo meccanismo di assegnazione dei docenti introdotto dalla riforma, con la scelta discrezionale dei presidi) è ormai un fallimento conclamato. Ad agosto le segreterie sono state costrette agli straordinari per rispettare le scadenze fissate dal Ministero nelle procedure di assunzione di professori e maestri. Poi l’introduzione dell’obbligo di vaccinazione ha contribuito ad aggiungere un nuovo elemento di confusione negli uffici, che solo la (tardiva) concessione dell’autocertificazione ha un po’ decongestionato. Quando però nei diversi giorni di questa settimana suonerà la campanella negli istituti del Paese (ogni Regione ha il suo calendario), gli insegnanti dovrebbero essere (più o meno) al loro posto.
13.500 ASSUNZIONI BRUCIATE – La notizia negativa, invece, è che molti di loro saranno ancora una volta precari, ma in fondo non è neppure una novità. “Non c’è dubbio che quest’anno avremo 15.000 supplenti in meno”, ha dichiarato di recenti la Fedeli, facendo riferimento alle assunzioni supplementari strappate nell’ultima manovrina. Vero, fino a un certo punto: quei posti in più sono stati di fatto neutralizzati da quelli rimasti vuoti nell’ultima tornata di immissioni in ruolo. Il Miur per il momento non fornisce dati ufficiali: secondo stime sindacali, sarebbero 13.500 su 52.000, circa il 25%; altri calcoli ancora più pessimistici parlando addirittura di 22mila posti persi (il 42%, sarebbe un disastro). Le cause sono sempre le stesse: la mancanza di docenti specializzati o abilitati nelle Regioni settentrionali su alcune materie, dove c’è grande richiesta e poco offerta (in particolare il sostegno, dove ci sarebbero addirittura 10mila cattedre vuote; altre 1.500 su matematica alle medie, poi anche spagnolo al liceo); mentre al Sud (alle elementari, ad esempio) c’è una coda praticamente infinita. Così anche quest’anno il Miur finirà per avvicinarsi molto alla solita quota delle 100mila supplenze, tra posti di sostegno, una fetta fissa dovuta a distacchi, comandi e affini, più le ultime assunzioni mancate. “La supplentite non è stata curata, a dimostrazione che la riforma Renzi era del tutto scollata dalle esigenze del mondo della scuola”, commenta la Flc Cgil.
SPRINT FINALE PER LE NOMINE DEI SUPPLENTI – Fari puntati sui supplenti, dunque: anche quest’anno la scuola non potrà fare a meno di loro. E dalla loro nomina nei giusti tempi dipende anche il corretto avvio dell’anno. Al Sud non ci sono problemi: qui i pochi posti liberi sono stati coperti pescando dalle vecchie Graduatorie ad esaurimento. Più complessa la situazione a Nord, dove quei bacini sono ormai esauriti e ci sono molte cattedre ancora da assegnare: la situazione è a macchia di leopardo, si va dal picco del 40% di organico scoperto in alcune scuole di Milano, al 20%, in centro Italia, dell’Umbria. Tutti docenti che mancano, e senza di loro la scuola non può partire. Il Ministero ha provato a metterci una pezza: le graduatorie provvisorie sono già state pubblicate, quelle definitive sono attese per il 14 settembre. Intanto, i presidi hanno avuto istruzione di non procedere con la nomina dei supplenti temporanei (i cosiddetti “fino ad avente diritto”), per evitare la solita girandola di professori che tanti disagi crea agli studenti. Se questa data verrà rispettata, entro qualche giorno gli insegnanti dovrebbero essere al loro posto. La “Buona scuola” resta una chimera, al massimo sarà una scuola “normale”.
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