Quello di Alternative Für Deutschland è uno strano percorso che ha portato un movimento fondato da professori universitari con una visione euroscettica a diventare un partito di estrema destra, con forti connotazioni razziste, populiste ed estremamente conservatrici. Nato nel 2013 contro il salvataggio della Grecia, ora candidano Alice Weidel che definisce i membri del governo Merkel "pupazzi dei vincitori della seconda guerra mondiale". I sondaggi li danno al 9%, con una stima di 50 seggi
Le parole di Alice Weidel, candidata cancelliera di AfD, Alternative Für Deutschland, contenute in una email inviata ad un suo amico, scuotono l’opinione pubblica tedesca e la noiosa e piuttosto scontata campagna elettorale tedesca, oltre a mostrare il vero volto reazionario del partito euroscettico. Tesi controverse che parlano di sostituzione etnica e di un governo, quello di Angela Merkel, composto da “maiali” e “pupazzi dei vincitori della seconda guerra mondiale che lavorano affinché il popolo tedesco rimanga debole”. Parole che vanno a braccetto con quelle di Alexander Gauland, candidato alla cancelleria in tandem con Weidel, che ha scommesso di eliminare il commissario per l’integrazione del governo Merkel di origini turche, Aylan Özoguz.
Del resto il partito non è nuovo ad attacchi contro la stampa e ad esternazioni non troppo “politically correct”. Bjorn Hocke, uno dei volti più conosciuti della formazione, è noto per chiamare i media tedeschi, lügenpresse, un tema caro al propagandhi del terzo reich, Joseph Göbbels. Non scandalizzerà poi troppo, quindi, il linguaggio utilizzato dall’attuale candidata al Bundestag, omosessuale xenofoba che rifiuta i matrimoni gay, ma convive con la propria compagna.
Quello di Alternative Für Deutschland è uno strano percorso che ha portato un movimento fondato da professori universitari con una visione euroscettica a diventare un partito di estrema destra, con forti connotazioni razziste, populiste ed estremamente conservatrici. L’AfD è stato costituito nel 2013 in segno di protesta al salvataggio della Grecia. Guidato da Bernd Lucke, professore di macroeconomia all’università di Amburgo, si è rapidamente affermato come un partito economicamente liberale con una forte tendenza euroscettica. Ma il vero successo AfD lo ha raggiunto durante la crisi dei migranti del 2015. Ciò ha creato un’apertura di credito da parte dell’elettorato, permettendogli di sfruttare le paure e i risentimenti di enormi fasce di tedeschi che si sono opposti alle politiche della cancelliera sul fronte dei migranti, raggiungendo alle elezioni in Sassonia Anhalt, un vero e proprio feudo per Afd, il 24,3% dei consensi.
L’AfD è spesso confuso nella mente pubblica con il movimento anti-immigrazione Pegida, che tiene manifestazioni regolari nella città orientale di Dresda e non c’è dubbio che ci sia una notevole sovrapposizione in termini di atteggiamenti politici e sostenitori. Ma Pediga è un’iniziativa dei cittadini, non un partito, e l’AfD l’ha sempre visto con disagio. Nel maggio del 2016, l’esecutivo nazionale ha deciso che i membri di AfD non dovessero presenziare agli eventi di Pegida e viceversa. Questa posizione, però, è stata invertita dall’ala destra di AfD, con l’arrivo al potere di Gauland e Weidel.
Per la prima volta dal dopoguerra un partito che utilizza un linguaggio molto vicino a quello del terzo reich, riuscirà, almeno secondo i sondaggi, ad entrare in parlamento. Le ultime rilevazioni danno, infatti, Alternative Für Deutschland al 9% delle preferenze, con una stima di 50 seggi al Bundestag. Il primo partito di destra ad entrare in parlamento dal 1950. Nonostante ciò, in Germania si pensa ancora che Afd sia troppo a destra e troppo disorganizzato per poter crescere ancora. Il percorso che ha portato questo schieramento al successo è intriso, infatti, di personaggi controversi, dichiarazioni apertamente razziste e diversi cambi al vertice dovuti a lotte intestine. Una tra tutte l’estromissione di Frauke Petry, ex candidata e tuttora presidente di AfD. Sebbene il programma elettorale sia un po’ più blando nei toni utilizzati, rispecchia in tutto e per tutto quelle che sono le dichiarazioni dei portavoce. Afd, infatti, si prefigge la chiusura delle frontiere, tanto che nel 2016 Frauke Petry disse di voler utilizzare i fucili contro gli immigrati irregolari che arrivavano in Germania. Sempre sulla linea dell’immigrazione si aggiungono la chiusura delle frontiere e l’espulsione di tutti i rifugiati provenienti da paesi considerati “sicuri”.
In linea con le posizioni sull’immigrazione quelle sull’Islam. Afd ritiene che l’Islam non appartenga alla Germania e che vadano chiuse tutte le moschee, bloccato il loro finanziamento estero e il Burqa vada vietato. Il motto è “al Burqa preferiamo il bikini”. Sul fronte europeo, invece, il partito è per l’uscita dalla moneta unica da attuare con l’uscita della Germania dall’Unione Europea o con la risoluzione democratica della stessa, non a caso i manifesti elettorali recitano “Mehr Freiheit, Weniger Brüssel” (più libertà, meno Bruxelles).
In linea con altri schieramenti populisti reazionari, anche AfD nega il riscaldamento globale e ritiene che sia solo frutto di propaganda. L’obiettivo, nel caso di una vittoria elettorale, sarebbe quello di continuare ad investire in energia nucleare abolendo le agevolazioni per le energie rinnovabili. In sostanza, quella che era nata come una forza euroscettica si presenta come una destra populista reazionaria, xenofoba e sovranista. Non a caso, a gennaio, nella città di Coblenza, Frauke Petry inaugurò l’internazionale populista ospitando Matteo Salvini, Marine Le Pen e Geert Wilders, al grido di “Ieri una nuova America, oggi Coblenza, domani una nuova Europa!”
La sorte dei suoi compagni europei è nota ai più: Wilders non ha rispettato le aspettative, Le Pen pur ottenendo un ottimo risultato è rimasta comunque sconfitta da Emmanuel Macron, mentre quella di Matteo Salvini è ancora tutta da scoprire. Per quanto riguarda Afd, entrerà di sicuro in parlamento, ma la riuscita nei propri obiettivi sembra piuttosto incerta. Infatti, AfD soffre ancora di una certa inesperienza che si tramuta spesso in lotte di potere e in un’anarchia generalizzata, sia nelle dichiarazioni che nella gestione dell’immagine pubblica. A questo punto bisognerebbe chiedersi se una campagna più lunga possa giovare o meno ad un partito che sembra non avere una guida certa e che a scadenze regolari vede i propri membri mostrare un linea molto più radicale di quella pubblicizzata.