La lettura dei testi delle intercettazioni di conversazioni disposte da un magistrato in cui si riportano le parole di personaggi pubblici, non è indice di curiosità morbosa o di gusto per il pettegolezzo ed è grave, come di recente si è cercato di fare, confondere la difesa della privacy con il divieto per i governati di conoscere l’attività dei governanti e di verificare che l’immagine confezionata nel periodo pre e post elettorale corrisponda alla sostanza.

Chi riveste una carica che comporta decisioni che hanno ricadute sulla vita degli altri non può sottrarsi al controllo del pubblico, non può invocare la difesa della privacy come un cittadino qualsiasi. Se non se la sente è meglio che cambi mestiere: nessuno lo obbliga a rimanere nella sua posizione.

Politici e personaggi ai vertici di aziende pubbliche o private che abbiano rapporti con il pubblico si trovano in condizioni che li espongono a tentazioni ignote al cittadino comune. In questo senso sono soggetti a rischio e un controllo rafforzato nei loro confronti non è un’offesa, ma una necessità. Respingere l’esercizio di questo controllo con la scusa della privacy solleva sospetti pesanti.

Solo tre mesi fa è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 di “Attuazione della direttiva (Ue) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo…”

La direttiva Ue si ispira a sua volta alle raccomandazioni e alle linee guida del Gruppo d’Azione finanziaria internazionale – Financial action task force (Gafi-Fatf), un organismo intergovernativo indipendente che sviluppa e promuove politiche finalizzate a proteggere il sistema finanziario globale contro il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo e il finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa.

Il decreto ribadisce e precisa gli obblighi preventivi, in capo alle banche e agli intermediari finanziari, di adeguata verifica della clientela in base alla valutazione del rischio: maggiore esposizione al rischio, più intensi i controlli.

Occorre prendere atto – spiega la direttiva – che alcune situazioni comportano un maggiore rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Ferma restando la necessità di stabilire l’identità e il profilo economico di tutti i clienti, vi sono casi in cui si richiedono procedure d’identificazione e di verifica della clientela particolarmente rigorose.

Ciò vale in particolare per i rapporti con persone che ricoprono o hanno ricoperto funzioni pubbliche di rilievo nell’Unione o a livello internazionale, soprattutto con riferimento a persone che provengono da paesi in cui la corruzione è un fenomeno diffuso.

Si tratta delle “Persone politicamente esposte”, le cosiddette “Pep”.

Le definizione di Pep la dà un documento del Gafi:
Pep (= Politically exposed person) è un soggetto che occupa o ha occupato importanti cariche pubbliche. Molte Pep rivestono ruoli dei quali è possibile abusare allo scopo di riciclare fondi illeciti o di compiere altri reati presupposto, quali la corruzione o la concussione. A causa dei rischi associati alle Pep, le Raccomandazioni FATF richiedono che ai rapporti d’affari con le Pep siano adottate misure rafforzate in ambito AML/CFT ( cioè Anti-Money Laundering / Countering the Financing of Terrorism = antiriciclaggio / contrasto al finanziamento del terrorismo). Queste prescrizioni hanno natura preventiva (non penale) e non devono essere interpretate nel senso che tutte le persone politicamente esposte sono coinvolte in attività criminali.

Chi siano, in concreto, le Pep per la legge italiana lo specifica il Dlgs 90/17: sono “le persone fisiche che occupano o hanno cessato di occupare da meno di un anno importanti cariche pubbliche, nonché i loro familiari e coloro che con i predetti soggetti intrattengono notoriamente stretti legami”Nell’elenco dettagliato presente nel decreto (qui a pagina 8) non compaiono solo persone impegnate in politica, ma anche magistrati, ufficiali ai vertici delle forze armate, dirigenti di banche, componenti dei direttivi di imprese controllate o partecipate dallo Stato, direttori di Asl e di ospedali.

Se dunque le banche e gli intermediari finanziari hanno l’obbligo di esercitare un controllo rafforzato nei loro confronti (perché “I flussi di denaro illecito possono minare l’integrità, la stabilità e la reputazione del settore finanziario e costituire una minaccia per il mercato interno dell’Unione nonché per lo sviluppo internazionale”), sarebbe anche ragionevole chiedere che non vengano nascoste ai cittadini di uno Stato democratico tutte le notizie, comprese le trascrizioni di intercettazioni telefoniche e ambientali, che riguardano chi ha un potere sulla vita di tutti.

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