A poco meno di tre anni dall’operazione che svelò la presenza di un’associazione di tipo ‘ndranghetistico autonoma in Emilia-Romagna è arrivata la sentenza di secondo grado. Un verdetto che sostanzialmente conferma l’impianto accusatorio e la sentenza di primo grado, con la novità della condanna a quattro anni di Giuseppe Pagliani, consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, in precedenza assolto. È l’esito dell’appello per 60 imputati che hanno scelto il rito abbreviato nel processo di ‘ndrangheta Aemilia. Ad aprile 2016 il gup di Bologna Francesca Zavaglia aveva pronunciato 58 condanne, fino ad un massimo di 15 anni. Pagliani era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma i pm della Dda aveva fatto appello e i giudici della III sezione penale hanno riformato la sentenza.
Conferma, invece, del proscioglimento per prescrizione della corruzione elettorale per l’altro politico coinvolto, l’ex assessore Pdl di Parma, Giovanni Paolo Bernini: anche per lui la Procura aveva impugnato. Dimezzata la pena per l’imprenditore Giuseppe Giglio, da 12 a 6 anni: è il risultato del riconoscimento dell’attenuante per la collaborazione di giustizia.
La Corte ha dunque largamente aderito all’ipotesi di accusa, rappresentata in primo grado dai pm Beatrice Ronchi e Marco Mescolini, in secondo grado dai pg Umberto Palma e Nicola Proto. L’operazione Aemilia, che a gennaio 2015 portò a 117 arresti e oltre 200 indagati, è stata la più imponente contro la criminalità organizzata in regione, individuando un’associazione di tipo ‘ndranghetistico autonoma, legata alla Cosca Grande Aracri di Cutro, ma con epicentro nel Reggiano.
Proprio a Reggio Emilia è in corso il dibattimento per circa 150 imputati, ma la maggior parte di coloro che l’accusa considera capi, organizzatori e concorrenti esterni aveva optato per l’abbreviato. Tra le sentenze confermate ci sono dunque quelle a carico di Nicolino Sarcone (15 anni), Alfonso Diletto (14 anni e due mesi), Antonio Silipo (14 anni), Romolo Villirillo (12 anni e due mesi), Francesco Lamanna (12 anni), Antonio Gualtieri (12 anni) e Nicolino Grande Aracri (sei anni e otto mesi), il presunto che in questo processo non rispondeva di associazione mafiosa. Conferma anche per le condanne della fiscalista bolognese Roberta Tattini (otto anni e otto mesi), i poliziotti Domenico Mesiano e Antonio Cianflone (otto anni e sei mesi), il giornalista Marco Gibertini (nove anni e quattro mesi), l’ex capo ufficio tecnico del Comune di Finale Emilia Giulio Gerrini (due anni e quattro mesi) .
I giudici hanno invece condannato Michele Colacino, assolto in primo grado, a quattro anni e otto mesi: sia lui che Pagliani sono stati interdetti dai pubblici uffici per cinque anni e gli è stato applicato un anno di libertà vigilata, a pena espiata; altre posizioni hanno subito lievi modifiche, mentre sono stati assolti Vincenzo Spagnolo (aveva una condanna ad un anno e otto mesi) e Alfonso Patricelli (un anno e quattro). Conferma anche per i risarcimenti alle parti civili, liquidati in primo grado per oltre due milioni di euro a Regione Emilia Romagna (600mila euro), Comune e Provincia di Reggio Emilia, comuni reggiani di Gualtieri, Bibbiano, Reggiolo, Montecchio, Brescello, poi Cgil, Cisl, Uil, Libera, Aser e Ordine dei giornalisti Emilia-Romagna.
“Rimango esterrefatto e profondamente deluso da una decisione che ritengo folle, un accanimento personale del quale a memoria non vi sono precedenti nella nostra Regione” dichiara Pagliani, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale a Reggio Emilia. “Oggi stesso – prosegue Pagliani – comunicherò le mie dimissioni al sindaco ed al presidente della Provincia di Reggio Emilia per potermi concentrare esclusivamente sulla mia difesa e nella mia lotta per far emergere la verità. Continuerò la mia battaglia con rinnovata forza e convinto della mia totale estraneità, certo che questo incredibile errore giudiziario venga riparato in Corte di Cassazione. È incredibile – aggiunge l’esponente di Forza Italia – che chi è palesemente innocente e perseguitato da un’accusa infamante, cassata dal Tribunale del Riesame e dal Gup in primo grado, debba continuare a difendersi per una condanna, assurda, ricevuta in appello. Ho sempre fatto politica per idealismo e passione, stando sempre all’opposizione in una terra notoriamente difficile per la mia parte politica e non avendo mai avuto un briciolo di potere, né tantomeno incarichi nella gestione della cosa pubblica. La mafia – conclude Pagliani – mi fa schifo da sempre ed è vergognoso che qualcuno la associ al mio nome su di una sentenza”.