Il direttore del San Gerardo di Monza al Corriere della Sera: "Aumento del 40% nei maschi tra i 25 e i 29 anni". Giuseppe Ancona, specialista al San Paolo di Milano: "Si infettano ragazzi sempre più giovani, che vedono che anche i loro coetanei sono sieropositivi e non si preoccupano del virus"
Milano capitale dell’Hiv? Stando agli ultimi dati registrati dall’ospedale San Gerardo di Monza sembrerebbe proprio così. Nell’ultimo anno c’è stato un incremento del 20% dei nuovi riscontri dell’infezione. A ciò si aggiungono i numeri complessivi: su 130mila persone sieropositive in Italia, più di 20mila risiedono in Lombardia. Di queste, 15mila vivono tra Milano e l’hinterland. A rivelare questi numeri è il direttore dell’ospedale San Gerardo di Monza, Andrea Gori, che ha spiegato al Corriere della Sera di aver diagnosticato 400 nuovi casi di Hiv dall’inizio del 2017, il che fa segnare segna un 20% in più rispetto all’anno precedente. I nuovi riscontri riguardano soprattutto i giovani maschi tra i 25 e i 29 anni: in questa fascia l’aumento dei contagi è salito addirittura del 40%, spiega Gori. I più colpiti sono i giovani gay tra i 25 e i 29 anni:”Sono giovani di una generazione che non ha vissuto i tempi durissimi delle morti per Aids e hanno bisogno di essere informati ed educati”, continua il direttore del San Gerardo.
Ogni anno in Italia si registrano tra i 3.500 e i 4mila nuovi riscontri di Hiv. Gli ultimi dati disponibili dell’Istituto superiore della sanità, relativi al 2015, parlano di 3.444 nuovi casi. Le cifre sono da interpretare tenendo presente che tante persone non sanno di aver contratto il virus: secondo una stima del Centro europeo di controllo delle malattie e dell’Oms Europa, nel nostro continente ci sono almeno 122mila persone sieropositive che non sanno di esserlo, circa uno su sette del totale degli infetti. “Queste persone spesso arrivano in ospedale anche dieci anni dopo il contagio, quando la situazione è grave e quando potrebbe avere infettato almeno una dozzina di altre persone”, continua Gori.
“Un trend che abbiamo rilevato negli ultimi anni è che a contrarre il virus dell’Hiv sono ragazzi sempre più giovani“, conferma a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Ancona, specialista in Malattie infettive all’ospedale San Paolo di Milano. “Questi ragazzi non si preoccupano della loro sieropositività, vedono che anche i loro coetanei sono sieropositivi e non se ne curano. Non sanno che l’impatto dei farmaci sulla qualità della loro vita non è paragonabile alle conseguenze del virus”. Ma, spiega Ancona, in generale l’età media di persone con Hiv negli ultimi anni è aumentata di circa 10 anni: “È una cosa fisiologica: alla quota di giovanissimi che si infettano va aggiunto il serbatoio di casi di Hiv cronici, che è fisiologicamente in aumento”.
Fenomeno preoccupante sono le persone sieropositive che rifiutano le terapie: “Proprio recentemente mi sono confrontato con un paziente che, dopo aver letto il bugiardino dei farmaci, ha deciso che per motivi di lavoro non poteva permettersi di stare male per gli effetti collaterali. Questo è un caso limite, ma riscontriamo spesso diffidenza nei confronti delle terapie”, continua lo specialista del San Paolo. “Non curandosi, il virus dell’Hiv si trasforma in Aids in media dopo una decina di anni, ma tutto dipende dal proprio sistema immunitario. Per i più fortunati possono passare anche 20 o 30 anni, per i più sfortunati anche solo due. Al netto di chi si è infettato e non lo sa e di chi rifiuta le cure”, conclude Ancona, “prosegue la propria vita in condizioni ottimali, cioè sottoponendosi a terapie efficaci, il 66% circa dei sieropositivi”.
Aggiornato dalla redazione web alle ore 20.56