La Pulce decide la sfida del Camp Nou con due gol e lo zampino nel terzo: quanta distanza ancora con Dybala. Higuain inesistente e nervoso: i problemi per Allegri non sono solo in difesa. Di Francesco deve ringraziare il suo portiere, ma ha concesso possesso palla, gioco e occasioni a un Atletico Madrid che solitamente sa solo ripartire
Messi è sempre Leo Messi: decisivo. Dybala è ancora Paulo Dybala: incapace di cambiare le partite che contano. Come Higuain. Questa è la prima lezione che la Juventus può imparare dai tre gol presi al Camp Nou contro il Barcellona. Facile puntare il dito contro una difesa rimaneggiata, ma la verità è che a fare veramente impressione è stata la differenza tra i due reparti offensivi. Da una parte La Pulce che quando ha avuto spazio ha solo e sempre punito: due reti, un palo, lo zampino decisivo nel gol di Rakitic. Dall’altra Dybala, due occasioni sprecate, e Gonzalo Higuain, troppe volte l’ombra di se stesso nelle partite che contano. Primi verdetti di una prima serata di Champions League, in cui quasi dappertutto l’hanno fatto da padrone le goleade, tranne a Roma, dove Alisson ha fatto i miracoli per tenere un preziosissimo zero a zero contro l’Atletico Madrid. Eusebio Di Francesco ha la strada tutta in salita: non c’è traccia di gioco e idee dalle parti dei giallorossi che sono riusciti a concedere il palleggio persino a una squadra che ha come mantra il contropiede.
La sconfitta bianconera – Dal 3-0 subìto al Camp Nou al 3-0 inflitto solo pochi mesi fa allo Juventus Stadium sembrano passate ere geologiche. La Juventus nel frattempo ha perso Bonucci e Dani Alves, ma martedì sera era pure priva degli infortunati Chiellini, Khedira, Marchisio, Cuadrado e Mandzukic, non proprio comparse. Max Allegri lo ha ripetuto più volte che la gara non sarebbe stata decisiva, forse consapevole di arrivare impreparato a una sfida così delicata. Ma un’imbarcata del genere, anche contro il Barcellona, la Juve non la può comunque accettare: nella scorsa edizione della Champions League aveva preso lo stesso numero di gol (tre) solo sommando tutte le partite giocate fino alla finale. Già, la finale. Riemergono prepotenti le analogie con Cardiff, a partire da un primo tempo giocato alla pari e finendo con una resa incondizionata. Al di là degli aspetti psicologici che pure hanno le loro ragioni, resta facile trovare un colpevole nella retroguardia che ha preso tre gol, che sicuramente deve ancora registrarsi e trovare nuove certezze. Ma è anche vero che la partita l’ha indirizzata Messi: lui ha scelto il binario, lui ha deciso quando aprire le danze e quando chiuderle. Dybala e Higuain invece si sono nascosti dietro la scusa del “siamo troppo soli”, hanno avuto invece palloni giocabili e li hanno sprecati. Il Pipita poi ha mostrato la peggiore versione di sé: quella nervosa e indisposta che hanno conosciuto i tifosi napoletani nell’ultima parentesi azzurra.
Il catenaccio giallorosso – Tutto sommato un pareggio contro l’Atletico Madrid alla Roma potrebbe anche andare bene. Che il girone sia durissimo (c’è anche il Chelsea) lo si sa e l’importante era soprattutto non perdere in casa. Peccato che i giallorossi abbiano fatto di tutto proprio per provare a perderla la partita e debbano ringraziare Alisson se possono ora contare su un punto in classifica (il primo a farlo è stato Strootman con un tweet). Il Cholo Simeone si è presentato alle interviste del post gara quasi stupito, i suoi Colchoneros hanno tenuto il possesso palla, hanno giocato e creato, è mancata solo la finalizzazione. Tutto il contrario di quello che ci si poteva aspettare, immaginando una Roma avvolgente che avrebbe dovuto più che altro preoccuparsi delle ripartenze avversarie. Qualcosa sembra non funzionare tra il predicato di Di Francesco e quello che di fatto mette in campo la squadra. Per ora ci hanno pensato le parate di Alisson – almeno cinque interventi decisivi – ma non basterà.