Secondo i giudici della Suprema corte se è vero che mancano le esigenze cautelari, "appare conseguenziale che anche l’obbligo di firma, deciso dalla II sezione penale nel luglio scorso, sia viziata dalla stessa problematica visto che si parla di pericolo di recidiva". Dopo il rinvio, il provvedimento sarà nuovamente valutato dal Riesame
La Cassazione ha annullato il provvedimento con cui il Tribunale del Riesame ha disposto l’obbligo di firma per Raffaele Marra, l’ex capo del personale del Campidoglio a processo per corruzione. Secondo i giudici della Suprema corte se è vero che mancano le esigenze cautelari, “appare conseguenziale che anche l’obbligo di firma, deciso dalla II sezione penale nel luglio scorso, sia viziata dalla stessa problematica visto che si parla di pericolo di recidiva”. Dopo il rinvio, il provvedimento sarà nuovamente valutato dal Riesame.
Domani intanto è fissata una nuova udienza del processo che vede imputati per corruzione l’ex funzionario comunale e l’imprenditore Sergio Scarpellini. Secondo il pm Barbara Zuin responsabile del procedimento l’imprenditore avrebbe pagato a Marra alcuni immobili per corromperlo. Per questo i due finirono in manette il 16 dicembre scorso. Il gruppo Scarpellini ha stipulato per anni convenzioni urbanistiche milionarie che richiedevano l’emanazione di provvedimenti amministrativi da parte del comune di Roma e della regione Lazio, realtà nelle quali Marra ha avuto posizioni dirigenziali negli anni al centro dell’indagine. A fronte di tutto ciò, Marra acquistò dal gruppo Scarpellini nel 2009 un appartamento a Roma con uno sconto di quattrocentomila euro: l’ex finanziere lo pagò 700mila euro anziché un milione e cento. Inoltre, nel 2013, secondo la Procura di Roma, Marra ricevette 367mila euro, da parte di Scarpellini, per acquistare un altro appartamento dell’Enasarco in via dei Prati Fiscali, che il funzionario comunale intestò a sua moglie.
Entrambi si difendono oggi dicendo che si trattò di un prestito: resta il fatto che di quasi quattrocentomila euro, in oltre tre anni non venne restituito nulla. Subito dopo l’arresto, Scarpellini confermò di aver pagato al funzionario comunale parte dell’immobile, perché la sua amicizia, poteva aiutarlo sul lavoro. Oggi rinnega quelle parole e afferma che si trattò di una prova di generosità nei confronti però di una persona che ammette di aver visto non più di quattro o cinque volte in cinque anni. Inoltre in alcune intercettazioni risalenti all’estate del 2016, Marra, che di lì a poco sarebbe diventato capo del personale del Campidoglio, parlando con la segretaria di Scarpellini si definiva “a disposizione” dell’imprenditore. Nelle prossime udienze sarà chiamata a testimoniare dalla difesa di Marra anche la sindaca di Roma Virginia Raggi.