“E’ stato un lavoraccio, ma ne è valsa la pena”. Lorenzo Colantonio è il giornalista de Il Centro che ha sviluppato tutta l’inchiesta sulla vulnerabilità sismica delle scuole abruzzesi. Scoprendo che su 417 che hanno riaperto 391, cioè il 93%, è ancora a rischio sismico. Molte, con un indice di esposizione massimo. Un lavoro che parte con la ricerca e lo studio delle schede tecniche depositate presso il Dipartimento di Protezione civile della Regione aggiornate al 20 luglio. “Così ho scoperto che ce ne sono tantissime con indice di vulnerabilità (Slv) pari a zero, cioè il peggiore che possa esistere”. Come l’Istituto tecnico Savoia di Chieti, oppure il Duca d’Aosta dell’Aquila. L’inchiesta è partita il 4 settembre e sta proseguendo. Rispetto ai dati noti in precedenza ha il pregio di indicare la situazione scuola per scuola, consentendo ai genitori – laddove una scheda esiste – di verificare come stanno le cose e scegliere se mandare i propri figli in un edificio esposto al rischio. L’operazione, divenuta una vera e propria campagna, ha portato anche a galla le contraddizioni e le lentezze della politica e della burocrazia che stanno alla base dello scandalo, in una regione per altro già sensibile e sensibilizzata, “che ha già subito il terremoto e quindi massicci interventi. Dove le nuove scuole sono costruite a regola d’arte. Non oso immaginare cosa troveremmo altrove, se mai si dovesse allargare l’inchiesta alla situazione in Campania o in altre regioni”, dice Colantonio. Che nel marasma ha avuto delle soddisfazioni. “Quando ho pubblicato le schede sulle 417 scuole – racconta – mi hanno chiamato dalla Provincia di Teramo e mi hanno detto che i loro indici non erano quelli riportati sul giornale. Ho risposto che erano quelli ufficiali presenti nei documenti del Dipartimento di Protezione civile. E che delle due l’una: o non avevano fatto le verifiche aggiornate o semplicemente si erano scordati di inviarle alla Regione”. E siccome le schede servono poi per eventuali finanziamenti “ho detto che si stavano precludendo questa possibilità. Allora mi rispondono che avevo ragione, e che dovevano assolutamente inviarli”.
Ma l’incidente di percorso non è inutile. “A quel punto ho fatto una seconda tabella per la provincia di Teramo dove effettivamente ho trovato un presidente illuminato. Pur di non attendere i tempi della burocrazia Renzo di Sabatino ha venduto un immobile di proprietà della provincia, cioé la caserma dei carabinieri, ha ricavato una somma da 5,7 milioni e con questi soldi ha fatto dei lavori”. Lavori però “non sostanziali”. E qui, seguendo la via di Teramo, si scopre un altro problema: i lavori che vengono pianificati, finanziati ed eseguiti sono spesso un palliativo. Perché la sicurezza vera costa molto, molto di più. “Proprio la Provincia di Teramo ha fatto fare una stima: solo per mettere in sicurezza i 25 istituti superiori della città servono 163 milioni, vale a dire che l’adeguamento sismico cioé l’intervento più radicale non è quello che stanno facendo i vari sindaci che spendono 200-300 o 400 mila euro. Che sono nulla, fumo negli occhi”. L’adeguamento sismico costa e costa molto. E il paradosso è che con 163 milioni a Teramo più che ristrutturare e adeguare sismicamente 25 scuole conviene fare da capo un polo scolastico nuovo di zecca che nasce blindato.
“Chiaro che la situazione è molto ingarbugliata”, spiega ancora l’autore dell’indagine giornalistica. “Le confusioni partono dagli indici di vulnerabilità che non sono neppure sufficienti a dire se una scuola debba essere chiusa (nei vari passaggi dell’inchiesta lo spiegano ingegneri strutturisti) ti spiegano che quello è un 20%, ma che ci sono gli altri fattori e nessuno tiene presente perché i vari professionisti lavorano a compartimenti stagni”. Così come il complesso dei fattori di rischio, tanto che l’inchiesta – a detta di chi l’ha fatta – potrebbe in futuro spostarsi su un altro fronte che si annuncia immane: l’agibilità. “Se consideri che ogni scuola in realtà dovrebbe avere un fascicolo della sicurezza dove trovi anche l’indice di vulnerabilità sismica dovresti trovarci anche l’agibilità, lo studio geomorfologico del terremo, la consistenza delle strutture (pilastri e solai) e ancora il contesto, perché puoi avere la scuola più sicura al mondo ma se ti crolla il muro accanto è uguale e ultima cosa la geometria della scuola, che se è semplice e razionalista alla Piacentini del Colosseo quadrato a Roma ha un probabilità di crollare molto più recondita. Ebbene questo fascicolo non esiste. Sarebbe interessante, come ulteriore passaggio, andare a vedere nei principali comuni d’Abruzzo quantomeno le agibilità. Sono sicuro che scopriremmo che il 90% delle scuole abruzzesi non ha il documento di agibilità completo. La De Iacobis a Teramo che ieri ha riaperto, ad esempio, ha tutto il secondo piano inagibile. E infatti non ha ricevuto l’agibilità”.
Alla fine una considerazione su cause e soluzioni. “Questo lavoro di documentazione e informazione è stato importante anche per codificare e interpretare le tante promesse che fa la politica quando atterra da queste parti”, spiega il cronista. “Quando arriva in Abruzzo, ad esempio, un commissario per la ricostruzione, come ha fatto il dimissionario Vasco Errani una settimana fa a Campotosto, e davanti a una platea di abruzzesi dichiara “adegueremo sismicamente tutte le scuole d’Abruzzo. Ma sono 1.280 le scuole e se per rifarne 25 come a Teramo occorrono 163 milioni? Non è demagogia questa? Oppure penso alle dichiarazioni vaghe fatte giusto ieri dal ministro Valeria Fedeli che dice “pronti 9 miliardi di euro”. Una buona notizia, ma sarebbe importante sapere anche pronti dove, come, quando? Ecco, quello che ho fatto è tentare di capire davvero quanto è grave la situazione. E appena ho provato a toccarla con mano, cercando con non poca fatica numeri e documenti, ho scoperto davvero quanto è disastrata. Ne è però valsa la pena”.