L'ex ministro dell'Ambiente e delle Infrastrutture subirà anche una confisca di oltre 9,5 milioni di euro, così come l'imprenditore romano Erasmo Cinque, anche lui condannato a 4 anni. Le tesi e la ricostruzione dell'accusa hanno retto sul fronte della corruzione: l'ingegnere Giovanni Mazzacurati ha pagato profumatamente gli appoggi politici di cui ha goduto per far avanzare il progetto. Le ipotesi di finanziamento illecito, invece, non hanno retto o sono decadute per decorrenza dei termini
L’ex ministro Altero Matteoli di Forza Italia e l’imprenditore romano Erasmo Cinque sono stati condannati per lo scandalo Mose, entrambi a quattro anni. Altri quattro imputati, tra cui l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni eletto con il centrosinistra e l’ex eurodeputata forzista Amalia Sartori, escono indenni dal processo per assoluzione o prescrizione. È il caso proprio dell’ex sindaco, che è stato prescritto per l’episodio più grave tra quelli contestati, cioè l’accusa di aver ricevuto un finanziamento “in nero”. Assolto, invece, per i finanziamenti ricevuti da società del consorzio.
Tre anni fa la grande retata che sconvolse il mondo politico, non solo veneto, mettendo a nudo uno scialo di denaro impressionante e una rete di corruzioni molto ramificata. Un anno e quattro mesi fa la prima udienza del dibattimento per un manipolo di imputati che avevano resistito alle tentazioni del patteggiamento o del rito abbreviato. Ci sono volute 32 udienze e le deposizioni di 102 testimoni per arrivare a scrivere la parola conclusiva di una vicenda che nel prossimo futuro potrebbe però essere ghigliottinata dalle prescrizioni. Le tesi e la ricostruzione dell’accusa hanno retto sul fronte della corruzione: l’ingegnere Giovanni Mazzacurati ha pagato profumatamente gli appoggi politici di cui ha goduto per far avanzare il progetto Mose, una gallina dalle uova d’oro che finora è stata pagata con soldi pubblici, 5 miliardi e mezzo di euro. Ma non hanno retto, invece, per i casi di finanziamento illecito. Le condanne sono state quattro, altrettante le assoluzioni.
La sentenza è stata letta in un’aula del Tribunale di Venezia dal presidente Stefano Manduzio (a latere Fabio Moretti e Andrea Battistuzzi). Prima che si ritirassero in camera di consiglio, l’ex ministro alle Infrastrutture e all’Ambiente Matteoli aveva rilasciato un’ultima dichiarazione: “Non ho mai preso soldi, non sono un corrotto”. Non gli è bastata. Fuori dall’aula gli attivisti del Movimento No Grandi Navi e dei No Mose sono rimasti in attesa, con un cartello eloquente: “La Mafia a Venezia si chiama Consorzio Venezia Nuova”.
I giudici hanno ritenuto Matteoli colpevole di corruzione, per aver ricevuto denaro da Mazzacurati e per aver favorito l’amico Cinque nell’ottenimento di appalti di bonifiche a Porto Marghera. Per entrambi una pena di 4 anni di reclusione e la confisca di 9 milioni 575 mila euro ciascuno. Era molto attesa la sentenza per l’ex sindaco di Venezia, l’avvocato Giorgio Orsoni, che nel 2014 era finito ai domiciliari per una generosa elargizione di Mazzacurati nel corso della sua campagna elettorale. Orsoni aveva concordato con la Procura un patteggiamento di pochi mesi, ma il gip aveva ritenuto la pena troppo bassa. E così l’ex sindaco è stato rinviato a giudizio per finanziamento illecito, ma ha sempre negato di aver ricevuto soldi, facendo cadere sul Pd la responsabilità della gestione amministrativa della sua campagna elettorale. E’ stato assolto dalle accuse di finanziamenti illeciti per la campagna elettorale da società del consorzio, mentre per l’accusa di aver ricevuto fondi in nero direttamente dall’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Mazzacurati è intervenuta la prescrizione.
Lo stesso reato riguardava la posizione di Amalia Sartori, ex socialista, passata poi con Forza Italia, una carriera politica di lungo corso. Mazzacurati aveva con lei incontri periodici e in una occasione ha detto di averle portato del denaro, circostanza che l’imputata ha sempre negato. E’ stata assolta.
Il quadro degli imputati principali è completato dall’ex Magistrato alle Acque di Venezia, Maria Giovanna Piva, che secondo il capo d’imputazione era finita a libro paga del Consorzio Venezia Nuova, l’ente che avrebbe dovuto controllare. Esce dal processo per prescrizione e con l’assoluzione per un episodio. All’imprenditore veneziano Nicola Falconi sono stati, invece, inflitti 2 anni e due mesi, all’avvocato romano Corrado Crialese un anno e 10 mesi. Assolto, infine, Danilo Turato, l’architetto che ristrutturò la villa di Galan sui Colli Euganei.
Prima della sosta estiva i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini avevano chiesto otto condanne, a pene complessive per 27 anni di reclusione: 6 anni per Altero Matteoli, 5 anni per Erasmo Cinque, 4 anni per Maria Giovanna Piva, 3 anni per Nicolò Falconi, 2 anni e 3 mesi per Danilo Turato, 2 anni e 4 mesi per Corrado Crialese, 2 anni e tre mesi per Giorgio Orsoni e due anni per Lia Sartori. Avevano anche chiesto la confisca di 33 milioni e 930 mila euro a carico dell’imprenditore Erasmo Cinque e della sua società Socrostamo, coinvolta nelle bonifiche di Porto Marghera.
Finora i grandi accusatori, su cui si è sostenuto questo processo, non sono stati rinviati a giudizio. Ma l’inchiesta è ormai chiusa per Giovanni Mazzacurati, Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo. Probabilmente chiederanno di patteggiare, in continuazione con altre condanne.
Nel 2015, all’inizio del processo, Matteoli si disse sicuro di uscire con assoluzione piena per non aver commesso il fatto.