Inutile negarlo. A molti la notizia è apparsa l’ennesimo colpo sferrato contro l’onorabilità della scuola. Il ministro Valeria Fedeli l’ha detto. Il telefonino “è uno strumento che facilita l’apprendimento”. Di più, “una straordinaria opportunità che deve essere governata”. Quindi “se guidati da insegnanti preparati e da genitori consapevoli” i ragazzi “potranno imparare attraverso un mezzo che gli è familiare: Internet“.

Il telefonino in classe a dire il vero non è una novità. Ci entra già da anni, anche se non sarebbe consentito. I ragazzi lo usano anche se sarebbe vietato. In alcuni istituti si è stabilito che all’inizio delle lezioni vengano lasciati in un posto prestabilito. In altri si preferisce lasciare ai ragazzi i loro cellulari, ma con la raccomandazione di tenerli spenti nello zaino. Consuetudini regolate da circolari all’inizio dell’anno. Consuetudini con molte deroghe, come ben sanno gli insegnanti. Quante volte è accaduto che gli alunni abbiano registrato lezioni, scattato foto, oppure chattato con qualche compagno durante l’orario scolastico? In quante occasioni le foto sono addirittura diventate di dominio pubblico, finendo prima sugli “infernali” gruppi di Whatsapp e non di rado sui social?

Insomma il cellulare in classe c’è da tempo, per così dire, “da irregolare”. Non sempre, a dire il vero. Qualche insegnante, di tanto in tanto, ha anche deciso di utilizzarlo al posto del vocabolario cartaceo per cercare il significato di qualche termine. Altre volte ci si è ricorsi per avere informazioni, navigando in rete. Ma ora si cambia, il cellulare entra in classe a pieno titolo. Chiedersi quali potranno essere i benefici della nuova “adozione” non è un esercizio sterile. Nonostante le certezze del ministro. “Facilita l’apprendimento”, dice la Fedeli.

Affermazione che rimane senza spiegazione e che comunque non convince. Cosa aggiunge l’uso del cellulare rispetto ad un libro di testo e a letture e/o spiegazioni integrative? In che modo quello strumento di comunicazione si trasforma in ausilio alla comprensione, in realtà che spesso, anche se non sempre, possono già contare sull’utilizzo della Lim? Senza considerare la capacità degli insegnanti di semplificare, ma anche coinvolgere. Insomma di trasformare lezioni, spiegazioni, in momenti irripetibili per gli alunni, occasioni di partecipazione.

Come il cellulare possa realmente aggiungere qualcosa non è chiaro. Sono certo che il ministro Fedeli avrà ascoltato da qualche fido collaboratore la spiegazione di “classe rovesciata”. Sono convinto che il ministro sappia che è patrimonio quasi genetico di moltissimi insegnanti modulare il tono della voce, per richiamare l’attenzione, per sottolineare l’importanza di alcune espressioni. Gli insegnanti italiani, seppur bistrattati e mal retribuiti, con le eccezioni del caso, costituiscono nel loro complesso un esercito efficiente. La disciplina li costringerà all’adozione del cellulare, ma a molti di loro questa misura sembrerà inutile, se non dannosa.

La maggior parte dei ragazzi utilizza il cellulare in orario extra-scolastico “fin troppo” in termini di tempo e “male” riguardo alle modalità. Li abitua a scrivere in maniera spesso non corretta e in tanti casi, contribuisce a rendere più difficoltose le relazioni umane. Il cellulare da quel che dicono, statistiche e analisi alla mano, medici e sociologi è spesso un freno alla crescita di molti ragazzi. Anche per questo il cellulare in classe non sembra propriamente una buona idea.

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