Mi aggrappo virtualmente (ma la sensazione di bisogno di buone cose è molto fisica) alla notizia del ragazzo che ha allertato un centro antiviolenza a Firenze dopo aver chattato con una coetanea giocando on line. La ragazzina ha eluso la stretta sorveglianza della sua famiglia, che la segregava da tre anni perché destinata sposa bambina a un uomo in Francia, ed è riuscita a comunicare on line la sua condizione al ragazzo. Lui non ha voltato la testa, non si è fatto i ‘fatti suoi’: ora lei è salva. Questa notizia non controbilancia l’orrore infinito che emerge dalle cronache dell’ultimo femminicidio, quello di Noemi Durini, morta per mano di quello che da più parti viene definito il suo ‘fidanzatino’, ma è un lieve balsamo per allentare la morsa dell’angoscia.
Un’angoscia che, a tratti, ho provato nell’estate appena trascorsa a leggere le risposte rese da oltre 1100 studenti dai 16 ai 19 anni di cinque istituti superiori di una città del centro Italia (presto saranno materiale per un libro e una piece teatrale), ai quali mesi fa è stato chiesto di rispondere a cinque domande sulla sessualità, le stesse che, nel 2012 feci via web dal mio primo blog ai lettori adulti. Si tratta dell’evoluzione del progetto Manutenzioni-Uomini a nudo, che dal 2013 mi fa girare l’Italia a contatto con uomini di ogni età che si confrontano con il sentire comune maschile sul corpo, sulla sessualità e anche sulla violenza. Rispetto, però, all’esperienza del questionario rivolto agli adulti, qui mi sono trovata di fronte a dei ragazzi poco più giovani dei miei figli. Le loro parole hanno risuonato in me in modo assai diverso e, mentre sono stata capace di porre distanza protettiva tra me e le risposte malevoli, o violente degli adulti non è stato così facile né indolore attivare lo stesso dispositivo nel caso dei ragazzi. Le loro parole mi entravano dentro, mi coinvolgevano non più solo come donna adulta, ma anche come genitrice. Al netto di alcune esagerazioni, prese in giro o battute la lettura mi ha coinvolta a livello emotivo profondo: il corpo di quei ragazzi, che potevo immaginare dalle loro risposte, è il corpo dei miei, dei nostri figli.
E’ stata una dura prova. Malessere, meraviglia, commozione, paura, disagio, rassicurazione: queste e altre sono state le emozioni contrastanti nei giorni della lettura. I ragazzi hanno scritto meno degli adulti, ma ci sono riflessioni che indicano sensibilità importanti: “Per me sessualità ha un significato abbastanza ampio, perché è una cosa che va coltivata: è grazie ad essa che noi umani possiamo continuare a fare figli e a mantenere e creare legami affettivi che fanno parte della nostra vita” o anche “a parte l’orientamento sessuale del singolo (che non dovrebbe in alcun modo incidere sullo stile di vita di quella persona, né sul suo stato sociale) la sessualità di una persona sono i sentimenti più intimi e privati che si provano verso qualcuno del sesso opposto o dello stesso che sia”.
Alcuni di questi futuri adulti hanno mostrato tenerezza inaspettata: “Per quale motivo violentare una donna? Piacere personale? Oppure per disprezzo e superbia verso le donne? Non si può definire uomo uno che ragiona così. Pensa se succedesse a tua mamma o a tua figlia!”. Ma c’è anche la violenza normalizzata, quando la maschilità non educata, spiegata e umanizzata diventa ideologia buona per il branco, come in questa risposta su cosa sia la sessualità: “Trovare una tipa in discoteca e sfondarla così tanto che i genitori non la riconoscano”. Il termine ‘sfondare’ è lo stesso che ricorre nel film del 1988 con Jodie Foster, Sotto accusa.
Ed è un indicatore inequivocabile che dalle parole si può arrivare ai fatti. Tutti i ragazzi delle scuole coinvolte nel questionario affermano che la pornografia è la fonte primaria di quella che chiamiamo educazione sessuale, che nelle scuole non si fa, ma che educa eccome attraverso le due parole più digitate al mondo nelle stringhe dei motori di ricerca: sex e porn.
Son convinta di quello che sostengono Miguel Picker e Chyng Sun nel loro documentario del 2008 The price of pleasure, inquietante viaggio nel mondo della produzione statunitense di materiale pornografico: due generazioni di bambine e bambini, con l’avvento dell’era digitale, hanno formato il loro immaginario e attinto informazioni sulla sessualità prioritariamente attraverso il mondo della pornografia on line, che per la maggior parte è rappresentazione sessuale violenta nei confronti delle donne. Il fai da te che la scuola dei siti porno consente, e che rappresenta la fonte principale dell’iniziazione alla sessualità dei e delle millennials, è lo specchio della rottura e del fallimento della relazione con il mondo adulto responsabile, educatore e accudente.
Al netto delle problematiche specifiche dell’ultimo giovanissimo femminicida c’è da chiedersi come stiano crescendo emotivamente i nostri figli, allievi, nipoti, i giovani uomini di cui tanto spesso ci preoccupiamo su molti fronti: lo studio, il lavoro, i vestiti, il cibo. Ma siamo sul pezzo quando si tratta di confliggere, magari, con loro, sulla sessualità, su come ne parlano, su come si comportano con l’altro sesso, su cosa pensano di altri orientamenti sessuali, oppure pensiamo che ‘sono fatti loro’? Se la famiglia, la scuola, la società non intervengono con l’educazione e la cultura per modificare l’equazione massa muscolare=potere (anche sessuale) come faremo a fermare la violenza contro le donne? Oltre due terzi dei ragazzi scrivono nel questionario che la sessualità maschile è ‘naturalmente’ più violenta perché i maschi hanno più muscoli, quindi forza. E questo basta a spiegare e giustificare la violenza.
Senza un’educazione ai sentimenti e all’empatia sin dai primi anni di scuola e di socializzazione come ci si può aspettare che scompaiano i modelli sessisti e gli stereotipi che vogliono l’uomo cacciatore e la donna preda? La prova che non c’è altro da fare contro la violenza se non aprire le porte delle case e delle scuole al confronto formativo sull’empatia, le emozioni e quindi sulla sessualità è sotto gli occhi di chiunque in Italia. E non parlo solo di diciassettenni squilibrati e pericolosi, ma anche di uomini in divisa che ammettono di non sapere, e volere, controllare il desiderio, che da umanissima espressione di piacere diventa sopraffazione.