Nessun “attacco alla democrazia“, come da accuse di Matteo Salvini. “Anzi, è stata intrapresa una azione a tutela del Parlamento“. Il giorno dopo il sequestro cautelativo di 48 milioni di fondi della Lega deciso dal Tribunale di Genova, il procuratore capo Francesco Cozzi difende la misura che deriva dalla sentenza di primo grado sull’irregolarità nell’utilizzo di fondi pubblici da parte del Carroccio. “Abbiamo il massimo rispetto per la Lega e per tutti i partiti. Ma noi non abbiamo messo in atto nessun attentato alla Costituzione”, ha detto Cozzi rispondendo agli attacchi del leader del Carroccio. Che dal canto suo continua a ventilare una manovra studiata ad arte per “bloccare l’attività di un partito” e ora annuncia: “La prossima settimana faremo ricorso al Tribunale del riesame contro quello che è un evidente attacco politico, volto a eliminare la Lega dalla scena”. L’iniziativa, ha detto, sarà sottoscritta anche “dalle decine e centinaia di cittadini che hanno donato soldi alla Lega. Non sarà un ricorso di un singolo ma di un popolo”.
“Camera e Senato – ha ricordato il procuratore – si sono costituiti parte civile nel processo per avere risarcito un danno derivante dalla erogazione di contribuiti che non dovevano essere dati perché fondati su bilanci non corretti”. Quindi “noi abbiamo agito a tutela del Parlamento”. E “i processi che questo ufficio manda avanti dimostrano che non si guarda in faccia a nessuno e, tantomeno, a nessun colore politico”. Il 24 luglio il tribunale di Genova ha condannato a due anni e mezzo Umberto Bossi e a quattro anni e dieci mesi il suo storico tesoriere Francesco Belsito, riconosciuti colpevoli nel processo sulla truffa da 56 milioni di euro ai danni dello Stato, e contestualmente ha disposto la confisca di 48 milioni di euro dai fondi del partito.
“E’ pacifico che la Lega Nord abbia percepito il profitto dei reati commessi dai suoi rappresentanti Bossi e Belsito, con il concorso di Aldovisi Turci e Sanavio (ex revisori contabili del Carroccio)”, scrivono i giudici accogliendo la richiesta della procura. E tale profitto, costituito da somme erogate come rimborso elettorale, costituisce “bene fungibile e aggredibile indipendentemente dalla prova del nesso pertinenziale diretto con il reato”. Inoltre “considerando da un lato l’entità rilevante della somma oggetto di confisca, e quindi del presente provvedimento di sequestro, e dall’altro la diminuzione delle entrate e il depauperamento del patrimonio del movimento, documentato dalle stesse difese, si ritiene esistente anche il requisito del periculum in mora” e cioè il rischio che un ritardo nell’attuazione del sequestro possa di fatto compromettere il recupero delle somme.
“La Lega non si ferma”, ha annunciato Salvini in conferenza stampa nella sede federale del partito. Ora “sul conto ci sono 30mila euro, ci hanno sequestrato i beni senza dirci niente”, ma il raduno di Pontida in calendario per domenica 17 “si farà, sarà una giornata di libertà e democrazia” anche se “lunedì devo pagare le aziende dei pullman che ci aiuteranno a portare la gente a Pontida e sono impossibilitato a pagare le ultime 12 persone che lavorano per noi. Magari le manterrà il giudice, le ospiterà il giudice a casa sua”. Per lunedì è convocato un Consiglio federale di emergenza in via Bellerio. Salvini ha spiegato di aver avuto una lunga riunione con gli avvocati, nella quale è maturato il proposito di un ricorso che porti al dissequestro, “contando sul fatto che alla fine saranno assolti tutti”. La Lega non si è costituita parte civile nel processo “perché contavamo che in Italia ci fosse giustizia, ci ritenevamo parte lesa“, ha aggiunto.
Il presidente del Senato Pietro Grasso ha commentato dicendo: “Si tratta di eseguire sentenze della magistratura, se le sentenze della magistratura sono un attacco lo lascio giudicare ai cittadini”. Quanto ai soldi della Lega, “io non li ho, non glieli posso dare”.