Ashrhaf lo conoscono tutti nel quadrilatero che circonda l’ex liceo classico Socrate di Bari. Qui dal 2010 vive con altri immigrati, una quarantina, dei quali è guida. Sono tutti rifugiati politici: sudanesi, eritrei ed etiopi, provvisti di documenti regolari. Nel 2003 l’ex Provincia di Bari ha dismesso il liceo dopo la dichiarazione di inagibilità redatta da un professionista incaricato dall’ente. Contestualmente, la ex Provincia riconsegnò l’immobile al Comune di Bari che ne è oggi il proprietario. “Nel 2010 – racconta – abbiamo occupato questa struttura. Fu l’anno in cui gli sbarchi si intensificarono. Era inverno e molti immigrati dormivano in piazza Umberto. Decidemmo allora di portarne 150 in questa struttura”. “Quando siamo arrivati – prosegue – questo posto era in uno stato di totale abbandono. Lo abbiamo ripulito e abbiamo cercato di renderlo un luogo dignitoso”. Le condizioni dell’ex Socrate – in realtà – sono tutt’altro che dignitose. Vivono senza acqua e con un generatore di energia. Ci sono problemi alle fogne e all’impianto di raccolta delle acque pluviali. Oltre ai problemi strutturali che furono la ragione per il quale si decise di chiuderlo agli studenti.
Quella degli immigrati dell’ex liceo però non è una occupazione abusiva. Nel 2014 l’allora sindaco di Bari Michele Emiliano firmò con il presidente della regione Puglia Nichi Vendola un protocollo d’intesa in cui legittimava – con un comodato d’uso – la loro presenza nell’immobile e in cui prometteva la sua riqualificazione. Il protocollo d’intesa, in sostanza, impegnava il Comune alla messa in sicurezza della struttura e la Regione Puglia al reperimento delle risorse necessarie, nell’ambito dei fondi strutturali dei programmi operativi Fes e Fesr 2016-2020. Il progetto prevedeva che la parte attiva del percorso dovessero essere proprio i migranti, chiamati a partecipare alla riqualificazione dell’edificio grazie al “cantiere scuola” messo a punto da Formedil Bari. Ma di questo progetto non c’è mai stata traccia. Resta invece il cattivo odore che si sente entrando nel Socrate, quello delle feci dei gatti sparse nel corridoio di ingresso. Restano le impalcature e i muri scrostati. Ma soprattutto restano ancora le speranze di chi ormai questa struttura la considera casa propria.
“Qui le donne hanno ritrovato il sorriso”, racconta ancora Ashrhaf. “Dopo i viaggi della speranza che hanno dovuto affrontare, dopo aver rischiato di intraprendere la strada della prostituzione, lavorano come badanti o come cameriere. Così come gli uomini. Qui dentro lavorano tutti”. La sua più grande paura è che si decida per lo sgombero. “Io non posso immaginare che ci mandino via di qui. I primi anni abbiamo organizzato feste per autofinanziarci. Le abbiamo sospese perché questo luogo non deve essere scambiato per un centro sociale. Qui ci sono delle regole e tutti devono rispettarle”. Insomma nessun disordine, nessun intervento straordinario da parte delle forze di polizia. I residenti dell’ex Socrate sono ben integrati nel quartiere. “Ci conoscono tutti. Spesso diamo una mano agli anziani, facciamo loro la spesa. Li aiutiamo. Ci vogliono tutti bene. Tutti, tranne le istituzioni: per loro non esistiamo”. Ashrhaf racconta di non aver mai ricevuto una visita da parte del sindaco Antonio Decaro. “Lo abbiamo cercato tante volte, ma non abbiamo ricevuto mai una risposta. Noi vogliamo solo che questo diventi un luogo adeguato alle nostre necessità. Da qui non vogliamo andar via. Ognuno di noi ha la sua vita”.
Qualche settimana fa, il Comune di Bari ha fatto recapitare all’indirizzo dell’ex Socrate un gabinetto. Una beffa in un luogo dove manca acqua ed energia. Questo l’unico gesto concreto, dopo che ad aprile scorso la giunta comunale ha approvato il progetto preliminare (affidato a uno studio esterno per ventimila euro circa) che dovrebbe trasformare l’ex Socrate in un “albergo diffuso”, un centro per l’integrazione socio-culturale e l’ospitalità in situazioni di emergenza. Il progetto è stato inserito nel piano triennale delle opere pubbliche, ma non è l’unico. L’associazione Socrate, infatti, si è affidata gratuitamente a esperti e ha messo a punto un altro progetto, meno dispendioso. “Attendiamo fiduciosi dalla Regione i finanziamenti promessi così come da protocollo – sottolinea l’assessore al Welfare del Comune Francesca Bottalico – affinché la struttura possa essere recuperata e possa diventare un luogo sicuro e dignitoso oltre che una struttura di accoglienza e integrazione”. Intanto la vicenda è finita sul tavolo del prefetto di Bari Marilisa Magno. Il consigliere comunale di opposizione Irma Melini ha infatti scritto di suo pugno un esposto. “La solidarietà non è una facciata – sottolinea il consigliere – così come l’occupazione abusiva di un immobile non è un diritto a diventarne ‘residente’, così come una dichiarazione di inagibilità è una dichiarazione di insicurezza strutturale di uno stabile per cui nessuno merita di considerarsi fortunato se un’istituzione tollera che sia occupato”.