Il tema è spinoso, perché altamente ideologico, la polemica recentissima. L’accortezza e la delicatezza della questione consiglierebbe forse prudenza e silenzio, eppure, con tutto il tatto possibile, provo a esprimere la mia opinione. Intanto la vicenda: l’assessora alla sicurezza di Milano Carmela Rozza è stata tempestata di critiche per aver proposto di portare una corona di fiori non solo al Campo della Gloria (dove sono sepolte le spoglie di 3.500 caduti della lotta di Liberazione) ma anche al Campo 10, dove invece si trovano i morti della Repubblica di Salò. In maniera prevedibile, è insorta contro questa proposta l’Associazione nazionale partigiani d’Italia, l’Anpi, che nella voce di Roberto Cenati ha fatto sapere che “la morte rende tutti uguali, ma in vita i combattenti per la libertà hanno lottato contro l’oppressione nazifascista”. Contrario anche l’Osservatorio sulle nuove destre, secondo cui “mettere sullo stesso piano partigiani e repubblichini è letteralmente ignobile e indecente”.

L’assessora ha scritto una lunga risposta su Facebook, dove auspica “un ragionamento più complesso senza prese di posizione preconcette, che superi gli schematismi ideologici e che, perché no, tenga conto anche del tema della pacificazione. Senza per questo confondere chi ha lottato per la democrazia con chi ha difeso una dittatura”. E ancora: “La commemorazione dei morti è quindi frutto di una pietas umana, che vale per tutti coloro che hanno perso la vita. La pietas per i caduti né riabilita, né giustifica le azioni e i motivi che hanno portato alla loro morte. Da qui il motivo di una sola corona per tutti i caduti. Questo però non significa, come vorrebbe qualcuno a destra, mettere i morti sullo stesso piano da un punto di vista storico e politico, perché non lo sono e non lo saranno mai”. Sono parole che rivelano comunque una profondità di pensiero, così come il tentativo di andare oltre spesso sterili e sfiancanti divisioni ideologiche.

Credo tuttavia che la pacificazione di cui parla l’assessora sia impossibile. Così come l’idea di una cerimonia solenne nel cimitero dei repubblichini, dove sono sepolti – come ha sempre ricordato l’Anpi – anche gerarchi fascisti. A livello istituzionale, e di memoria storica collettiva, è bene che si continui a distinguere tra vittime e aggressori, tra chi scatenò quella guerra e chi fu costretto a reagire, tra chi scelse di stare dalla parte dei nazisti in quel tragico giorno in cui cominciò la guerra civile in Italia e chi invece scelse di combattere fascisti e nazisti con pochi strumenti e mezzi se non la propria vita. Eppure, non mi sento di condividere totalmente la posizione dell’Anpi. Perché per quanto sia corretto chiedere che non ci sia una manifestazione pubblica, privare i morti repubblichini di quella pietà di cui invece parla l’assessora è disumano.

Tutti i morti sono uguali, ed è vero, specie quando si tratta di soldati semplici, che si sono limitati a rispondere a ordini, pena la fucilazione. Ragazzi venuti dalla campagna, strappati dai banchi di scuola e scaricati al fronte, quasi-bambini che non hanno avuto la possibilità di crescere e che quel giorno probabilmente terrorizzati e confusi non hanno avuto neanche una reale possibilità di scelta.

Questo sentimento di eguale pietà mi è capitato di provarlo andando a visitare in Normandia il cimitero degli inglesi e quello dei tedeschi. Chiunque ci sia stato sa che il primo è una distesa di meravigliose croci bianche, in un posto pieno di alberi e fiori, mentre quello dei tedeschi si trova in un posto brullo, pieno di croci nere, dove i turisti non vanno. Entrarci, al contrario di quello inglese, trasmette un sentimento straziante. È un luogo senza speranza, angosciante. Avvicinandoti alle tombe, vedi che si tratta quasi unicamente di ragazzi di 17 o 18 anni. Morti per nulla, e senza neanche la gloria.

Eppure identici agli altri, come identiche erano le loro madri, che hanno vissuto lutti tremendi per intere generazioni perdute. D’altronde, gli stessi poeti, intellettuali, scrittori ci ricordano che la pietà deve essere un sentimento universale, che le vittime sono tutte uguali, oltre l’ideologia che cerca sempre di opporre bene e male anche quando una distinzione netta non esiste, persino in una guerra che di questa distinzione sembra l’emblema, come la Seconda guerra mondiale. Per questo, io credo sia sia giusto portare loro un fiore, come mi è venuto spontaneo fare nel cimitero tedesco in Normandia. Ma è meglio farlo in silenzio. Istituzionalmente, la memoria continuerà e dividere i due fronti.

Privatamente, nessuno ci vieterà di omaggiare quei ragazzi, senza aprire discussioni ideologiche, tra l’altro di difficile gestione in un paese comunque altamente ideologizzato come il nostro.

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