Dice che quella parola lì, la parola “complotto“, lui non l’ha mai utilizzata. O almeno non l’ha mai utilizzata per riferirsi all’inchiesta Consip. “Io non amo il vittimismo. Non mi convince chi si piange addosso, chi ha sempre un alibi, chi vive di fantasie. Per questo sulla vicenda Consip non ho mai pronunciato parole quali golpe o complotto. Ho sempre detto una cosa diversa: pieno rispetto delle istituzioni, sempre”, scrive su facebook Matteo Renzi. L’ennesimo intervento sull’indagine che coinvolge il padre Tiziano, arrivato dopo un week end di silenzio. Appena venerdì scorso, infatti, l’ex premier aveva utilizzato parole affilate per commentare le dichiarazioni al Csm del pm di Modena, Lucia Musti.
A Palazzo dei Marescialli il magistrato aveva raccontato delle strane parole che sarebbero state pronunciate da Giampalo Scafarto e Sergio De Caprio, i due ufficiali del Noe che per primi indagarono sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione. La reazione dell’ex premier era stata immediata. “Lo scandalo Consip è nato per colpire me e credo che colpirà chi ha falsificato le prove per colpire il presidente del Consiglio”, aveva detto il segretario del Pd al microfono di Claudio Cerasa. Non l’inchiesta Consip, ma lo “scandalo Consip”, e dunque un’indagine della magistratura utilizzata solo per colpire il premier. Insomma pur senza pronunciare mai quella parola, la dichiarazione di Renzi bollava in tutto e per tutto la vicenda come un complotto ai suoi danni.
E infatti gli alleati si sono scatenati. Bast mettere in fila i virgolettati battuti dalle agenzie negli ultimi giorni per rendersi conto che è proprio quella parola l’epiteto più utilizzato dai renziani e dagli esponenti del Pd per definire l’inchiesta della procura di Roma. “Il vocabolario ha un nome preciso per giudicare il caso Consip: complotto, e come obiettivo aveva il capo del governo”, diceva sabato 16 settembre il viceministro ai Trasporti, Riccardo Nencini.
Il giorno prima aveva utilizzato le stesse parole l’ex sindaco di Torino, Piero Fassino, secondo il quale “i fatti denunciati dal procuratore Musti sulle inchieste Concordia e Consip sono di una gravità inaudita. Se fossero confermati saremmo di fronte a un vero complotto ordito per colpire Matteo Renzi”. Una dichiarazione quasi identica a quella di Luigi Zanda. “Se quanto stiamo apprendendo dovesse risultare vero dovremmo concludere che negli anni passati c’e’ stato in Italia un vero e proprio complotto”, era l’opinione del capogruppo al Senato . Più moderato, stranamente, Luciano Violante: “Non so se si possa parlare di un complotto ma certo, alla luce di quanto leggiamo, non si può pensare che il comportamento di due ufficiali esperti possa essere stato messo in atto senza una strategia”.
Insomma Renzi quella parola non l’avrà fatta direttamente, ma l’ha lasciata pronunciare a ripetizione ai suoi fedelissimi. D’altra parte Deborah Serracchiani su twitter si era subito prodigata a ritwittare la prima pagina di Democratica, l’house organ del Pd. Il titolo d’apertura non lascia scampo a interpretazioni: Il complotto. Sullo sfondo la scritta Consip. Proprio quelle parole che Renzi rivendica di non aver mai pronunciato. Lo hanno fatto i suoi per lui.