Esercitazioni congiunte su una zona a confine tra le due coree e a Taebaek di quattro jet F-35B e due bombardieri B-1B americani e quattro F-15k di Seul. In un documento presentato al parlamento del Sud il ministro della difesa annuncia che Washington invierà una portaerei e il relativo gruppo d’attacco vicino alla penisola per un ciclo di manovre navali a ottobre
Caccia americani e sudcoreani hanno partecipato oggi, 18 settembre, ad una serie di esercitazioni aeree durante quali è stato simulato un bombardamento sulla penisola coreana. Una manovra in cui sono stati coinvolti quattro jet F-35B e due bombardieri B-1B americani e quattro F-15k di Seul, rientrati poi alle rispettive basi di Guam e Giappone. Si è trattato, secondo l’Aeronautica sudcoreana citata da Yonhap, di una dimostrazione della forza deterrente dell’alleanza. Quelli di oggi sono stati i primi voli americani dal test nucleare condotto dalla Corea del Nord il 3 settembre scorso.
I jet hanno sganciato “bombe inerti nel campo di tiro di Pilseung“,distante appena poche decine di chilometri dal confine nord con Pyongyang. Esplosivi anche sull’area di “Taebaek, provincia di Gangwon“, durante le esercitazioni che sono avvenute “da mezzogiorno alle 14:30 (dalle 5 alla 7:30, in Italia)”. Mai gli F-35B Usa sono arrivati per la prima volta così vicini al confine con la Corea del Nord. Il ministero della Difesa di Seul ha confermato in una nota che le esercitazioni congiunte con Washington sono “parte di manovre regolari finalizzate a rafforzare la capacità di estendere la deterrenza“. Per mostrare, insomma, la disponibilità di mezzi e la loro efficacia. La simulazione, oltre a respingere le minacce nucleari e missilistiche nordcoreane, ha testato la capacità di operazioni combinate.
Non solo. Tra fine mese e inizio ottobre si darà vita ad un ciclo di manovre congiunte tra Corea del Sud, Stati Uniti e Giappone, con una serie di esercitazioni di allerta sui missili. “Nei giorni a venire – scrivono le autorità – le Marine militari di Corea del Sud e Usa dimostreranno la loro interoperatività coinvolgendo anche i bombardieri strategici americani”. L’esercitazione è anticipata in un rapporto che il ministero ha presentato oggi al Parlamento dopo l’ultimo lancio di un missile a medio raggio di venerdì scorso, 15 settembre, da parte di Pyongyang, che ha viaggiato per circa 3.700 chilometri e ha sorvolato il nord dell’arcipelago giapponese. Nel rapporto si spiega anche che il Pentagono prevede di inviare una portaerei nucleare e il suo gruppo di attacco per partecipare alle manovre, anche se il portavoce delle Forze Armate americane in Corea del Sud e del Comando del Pacifico ha riferito che l’invio non è confermato. Il documento però non specifica quale delle portaerei della VII Flotta sarà inviata, ma la scorsa primavera era stata schierata nella regione la portaerei nucleare USS Carl Vinson. Gli Usa – scrive l’agenzia Yonhap – dovrebbero inviare in Corea del Sud i superjet B-1B di stanza a Guam, come monito verso Pyongyang.
Nello stesso rapporto presentato oggi all’Assemblea, Seul prevede che il regime di Pyongyang si avvicina “alla fase finale” dello sviluppo di un missile balistico intercontinentale, che potrebbe arrivare fino al territorio statunitense. Il ministero nel documento riportata da Yonhap solleva la possibilità che la Corea del Nord possa effettuare nuove “provocazioni addizionali strategiche”, come più lanci di missili e anche il settimo test nucleare.
Non tarda ad arrivare la reazione della Corea del Nord che ha criticato la condanna decisa dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu sul missile balistico intermedio lanciato venerdì, chiarendo che la stretta internazionale ulteriore spingerà il Paese verso il “compimento di status di potenza nucleare“. I movimenti in aumento “di Usa e forze vassalle nell’imposizione di sanzioni e pressione sulla Dprk – afferma il ministero degli Esteri in una nota rilanciata dall’agenzia Kcna – farà crescere solo il nostro passo verso il completamento verso lo status di potenza nucleare”. Un concetto che il leader nordcoreano Kim Jong Un aveva già espresso qualche giorno fa nonostante le sanzioni Onu imposte dal Consiglio di sicurezza il 12 settembre. Il provvedimento dei quindici è stato accompagnato dalle parole dei Nikki Haley, ambasciatrice Usa all’Onu di “non oltrepassare il punto di non ritorno”. Avvertimento che, stando alla reazione di Kim Jong Un, sembra essere caduto nel vuoto. Anche il Consiglio nel decidere le sanzioni ha chiesto alla Corea del Nord di mostrare “immediatamente un sincero impegno alla denuclearizzazione attraverso azioni concrete”, e “di lavorare per ridurre le tensioni nella penisola e altrove”. Giovedì prossimo il consiglio di sicurezza si riunirà nuovamente, e nello stesso giorno ci sarà un trilaterale fra Trump e i presidenti di Giappone e Corea del sud.