Una “grave inadempienza” dell’Agenzia delle Entrate, che “non ha mai elaborato le previste liste selettive né, successivamente, le analisi del rischio evasione e, di conseguenza, non ha potuto riferire alle Camere sui risultati nella lotta all’evasione derivanti dall’utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari“. L’accusa arriva dalla Corte dei Conti, che nella delibera sull’Utilizzo dell’anagrafe dei rapporti finanziari ai fini dell’attività di controllo fiscale mette in evidenza “gravi ritardi nella realizzazione” del registro, costato 10 milioni di euro, che raccoglie le comunicazioni periodiche degli intermediari finanziari sui propri clienti. “E’ stato quindi, ad oggi, del tutto pretermesso (omesso, ndr) di dare attuazione a un chiaro disposto normativo“, scrivono i magistrati contabili. Risultato: un “chiaro sottoutilizzo dello strumento per finalità tributarie”. Ciliegina sulla torta, annota la Corte, l’assenza dei rappresentanti del Tesoro – “pur ritualmente invitati a partecipare” – alla discussione della relazione. Nonostante “l’interlocuzione e la partecipazione al contraddittorio debbano ritenersi componente essenziale del procedimento di controllo”.
La delibera ricorda che “nel 2011 il legislatore aveva disposto che il direttore dell’Agenzia delle entrate individuasse criteri per elaborare, con procedure centralizzate, specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione” da sottoporre a controlli. “Tali criteri non sono mai stati emanati e, conseguentemente, non è mai stata predisposta alcuna lista selettiva”. A “distanza di oltre due anni dalle modifiche previste dalla legge di stabilità 2015” e di “oltre cinque anni dall’obbligo” di elaborare liste selettive, la Corte dei Conti segnala che “la norma è apparsa totalmente disattesa“. L’Anagrafe dei rapporti finanziari, “costata ad oggi circa 10 milioni di euro, costituisce una banca dati di notevoli dimensioni contenente i dati, identificativi e contabili, di tutti i soggetti titolari di rapporti di conto corrente o di deposito, istituita al fine di rendere più efficiente l’attività di controllo in ambito fiscale” ricordano i magistrati contabili. Che a fine giugno, nella relazione sul rendiconto generale dello Stato, avevano anche rilevato come nel 2016 gli accertamenti assistiti dal supporto delle indagini finanziarie, quindi dalle verifiche sui rapporti bancari e affini del contribuente, sono calati del 43,9% attestandosi a 2.773 contro i 5.426 del 2015.
Dalla nuova indagine sono emersi “anzitutto gravi ritardi nella realizzazione dell’Anagrafe dei rapporti finanziari, prevista sin dal 1991 ma, in concreto, divenuta effettivamente operativa ed accessibile da tutti i soggetti legittimati solo nel 2009, così come grave è apparsa la situazione riscontrata relativa al suo concreto ed effettivo utilizzo per la lotta all’evasione, per il quale deve rilevarsi una grave inadempienza dell’Agenzia”. Con il decreto legislativo del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, “era previsto che il direttore dell’Agenzia delle entrate individuasse criteri per elaborare, con procedure centralizzate, specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione. Tali criteri non sono mai stati emanati”. E “i timidi tentativi dell’Agenzia di elaborare le liste erano peraltro destinati comunque a realizzare uno strumento scarsamente efficace, essendo impostati sull’utilizzo dei soli dati di identificazione del soggetto e sulla natura, tipologia, apertura, modifica e chiusura del rapporto, con esclusione quindi dei dati, certamente più pregnanti ai fini della lotta all’evasione, sulle movimentazioni e sui saldi dei rapporti finanziari”.
“In ogni caso – osservano i magistrati dell’organo di rilievo costituzionale – nessuna lista selettiva è mai stata elaborata”. Perché “in sostituzione dell’obbligo di predisposizione delle liste selettive, con la legge di stabilità per il 2015 è stato previsto l’utilizzo dei dati, anche finanziari, per effettuare analisi del rischio di evasione. A distanza di oltre due anni da tali modifiche, e di oltre cinque anni dall’obbligo di elaborare liste selettive, deve registrarsi l’inesistenza di selezioni di contribuenti attraverso lo strumento dell’Archivio dei rapporti finanziari quali soggetti a maggior rischio di evasione, sicché la norma è apparsa totalmente disattesa”. Di conseguenza, concludono i magistrati contabili, “l’Agenzia non ha mai predisposto la relazione annuale con la quale dovevano essere comunicati alle Camere i risultati relativi all’emersione dell’evasione a seguito dell’applicazione delle disposizioni di cui trattasi. In definitiva, non è mai stato realizzato un utilizzo massivo dell’ingente mole di dati presenti nell’Anagrafe”.