Dopo il fallimento di giugno, col ko dovuto al sistema per il Trentino Alto Adige, il sistema proposto dai democratici per convincere Ap, la sinistra democratica e Pisapia è uno schema misto con il 64% dei seggi deciso con il proporzionale e il 36 con il maggioritario. Ma per ora le adesioni sono poche
Il Parlamento è pronto per ricominciare quello che ha fatto da dicembre a giugno: provare a fare la legge elettorale. Una corsa che si annuncia a perdifiato e sempre comunque su un tapis roulant. Dopo il fallimento della specie di sistema tedesco che tedesco non è mai stato su cui sembravano d’accordo i due terzi delle Camere (Pd, M5s, Forza Italia, Lega Nord), ora il Pd sente il peso del ruolo di partito di maggioranza relativo e butta sul tavolo l’ennesima opzione: il Mattarellum rovesciato. Gli amanti del genere sentiranno correre il brivido sulla schiena, ma la questione è più seria di quanto appare: se si andasse alle Politiche con lo schizofrenico sistema attuale – che si compone dell’Italicum senza ballottaggio alla Camera e del Porcellum denudato al Senato – avremmo maggioranze diverse nelle due Camere e una situazione ultrabalcanizzata, partitini ovunque e maggioranze impossibili, anche se ci fosse un partito che raggiungesse la soglia del 40 per cento che dà diritto al premio di maggioranza (che vale solo alla Camera).
Il Pd propone questo sistema misto soprattutto per motivi politici. Il M5s non pare interessato a un nuovo accordo, quindi con questa proposta i democratici cercherebbero una maggioranza altrove, tenendo insieme il centrodestra (di governo e di opposizione), ma anche la sinistra Pd (Orlando chiede da tempo il Mattarellum) e pure Giuliano Pisapia in un’eventuale coalizione da comporre prima delle Politiche. A questa piattaforma sono ben disposti Alternativa Popolare, Fratelli d’Italia, Lega Nord. Ma nessuno dei partiti proporzionalisti cioè Forza Italia (che dice che valuterà) e Cinquestelle. Anche Mdp ha già detto di no. A pesare d’altra parte è anche la soglia di sbarramento al 5 per cento che – ad oggi – farebbe fuori in un colpo Ap, Mdp e Sinistra Italiana. “Per ora – sintetizza Rocco Palese, parlamentare pugliese appena tornato in Forza Italia – siamo alla pubblicità prima del film; e poi ci sono i due tempi”.
Mattarellum rovesciato, dunque: il 64 per cento del Parlamento sarà composto secondo il sistema proporzionale (399 seggi), il restante 36 con l’uninominale maggioritario (231 seggi). Il testo-base, dice Emanuele Fiano (capogruppo in commissione), sarà presentato giovedì. Secondo il presidente della commissione Andrea Mazziotti non si dovrà ripartire con un nuovo procedimento, di sicuro – ma per la riforma elettorale non è una novità – slitterà l’approdo in Aula finora programmato per il 21 settembre.
La ragione principale per cui si parte con un testo nuovo è l’emendamento Fraccaro-Biancofiore, approvato l’8 giugno, che ha abrogato i collegi uninominali del Mattarellum in Trentino Alto Adige e fissato i collegi a 231. Pd e Svp hanno posto come condizione il superamento di questa nuova norma. Renato Brunetta aveva provato un lodo (rinviare l’entrata in vigore delle norme per il Trentino Alto Adige un anno dopo), ma è stato ritenuto inammissibile dalla presidente Laura Boldrini. Così “viene seppellito il simil-tedesco” dice Ignazio La Russa (Fdi). Ma incredibilmente è ancora la Svp a non essere soddisfatta: il capogruppo Daniel Alfreider definisce “non soddisfacente” l’ipotesi che anche per il Trentino Alto Adige valga la percentuale di collegi maggioritari, cioè il 36%, rispetto alla parte proporzionale, aggiungendo che non è colpa del partito altoatesino se in Parlamento non si riesce a fare la riforma elettorale.
Il sistema che propone Ettore Rosato – causando la centesima metamorfosi del nome Rosatellum – prevede quindi uno schema misto: circa due terzi di Camera e Senato sarebbero composti con il proporzionale, quindi rispecchiando la forza dei partiti che superano la soglia di sbarramento (al 5 per cento). L’altro terzo dei seggi di Montecitorio e Palazzo Madama sarebbe riempito con i parlamentari che vinceranno le sfide dirette nei collegi del maggioritario. Sono previste le coalizioni e quindi più liste possono sostenere un solo candidato all’uninominale. Come nelle prime versioni non c’è voto disgiunto e la scheda è unica quindi un segno “si porta via” tutto. Il doppio segno (uninominale e proporzionale) devono essere coerenti per rendere valido il voto. “Il proporzionale – dice il capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato – non è mai stata la prima scelta del Pd per cui stiamo facendo una verifica su una formula più maggioritaria. Tutti parlano di governabilità, vediamo se le parole si incrociano con la coerenza”.