Tutti gli emendamenti respinti e il rinvio all’Aula della Camera. Dove il Pd annuncia la presentazione di un ordine del giorno per chiedere la modifica dell’equiparazione tra mafiosi e corrotti. Dopo l’approvazione al Senato nel luglio scorso riparte l’iter del Codice Antimafia. Oggi la commissione Giustizia della Camera ha terminato l’esame del testo bocciando tutti i 51 emendamenti presentati, che, se accolti, avrebbero comportato una rilettura da parte del Senato e quindi avrebbero praticamente messo il provvedimento su un binario morto. Domani dunque verrà votato il mandato al relatore mentre il 25 settembre la discussione approderà a Montecitorio. E anche se alla Camera approderà la versione senza modifiche del Codice, è chiaro che in questa forma la norma non verrà mai approvata.
Anche oggi, infatti, perplessità e attriti su alcuni punti del testo non sono mancati, non solo da parte di esponenti delle opposizioni ma anche all’interno dello stesso Pd. In particolare a suscitare critiche – in passato anche sostenute anche da parte di Confindustria – è l’estensione della disciplina della confisca dei beni già prevista per i mafiosi anche per chi è accusato di reati contro la pubblica amministrazione, e quindi per chi finisce nel mirino della giustizia per corruzione, concussione, terrorismo. “Ma oggi è emerso dalla discussione che è vero che l’area delle misure di prevenzione si estende ma cambia profondamente la loro natura nel senso che viene giurisdizionalizzato il procedimento che porta alla loro assunzione e questo consentirà di fare emergere le posizioni di chi è colpito da questi provvedimenti e quindi esercitare, secondo le indicazioni della Corte europea dei diritti dell’Uomo, il diritto alla difesa”, ha fatto notare oggi il ministro, Andrea Orlando, che ha partecipato ai lavori della commissione. Dove il capogruppo Pd, Valter Verini, ha annunciato che, contestualmente all’arrivo del Codice antimafia in aula lunedì prossimo, verrà presentato un ordine del giorno in cui si impegna il Governo a trovare un correttivo all’equiparazione tra mafiosi e corrotti, “per venire incontro alle perplessità sollevate da politici, imprenditori e personalità come il presidente dell’Anac Raffaele Cantone“.
“Laddove possano esservi le condizioni di una precisazione anche sulla base di un ordine del giorno del Parlamento che circoscriva meglio l’esercizio di questo potere e faccia una ricognizione dei reati sottoposti a questo tipo di misure, saremo disponibili a recepire questa indicazione e a metterla in atto”. “L’ampliamento delle misure di prevenzione ai reati associativi contro la pa rappresenta una pericolosa forzatura. Ma da segretario della Commissione Antimafia non posso non raccogliere il grido unanime di tutti gli operatori del settore per una rapida approvazione del Codice”, ha detto Marco Di Lello. Dello stesso avviso la presidente della commissione Giustizia, Donatella Ferranti, secondo la quale “le modifiche sono sempre possibili ma non possiamo buttare a mare un riforma così importante”. A chiedere l’immediata approvazione del codice sono infatti associazioni come Libera, Legambiente, Cgil, Cisl, Uil, Arci, Avviso Pubblico. Contrari, ovviamente, i parlamentari di Forza Italia, con Francesco Paolo Sisto che dice: “Estendere le misure antimafia ai reati comuni rischia di mandare a carte quarantotto i principi costituzionali”.