Nell’immaginario comune l’Australia è diventata delle mete più gettonate in cui trasferirsi dopo l’università. Ma lo è anche per chi una laurea in tasca non ce l’ha, come nel caso di Federico Mornacchi, 37 anni di Verbania. Dopo una lunga esperienza lavorativa nel settore della consulenza aziendale, la crisi economica aveva spazzato via qualsiasi prospettiva di futuro: “Dal 2008 in poi è andato tutto a scatafascio – racconta a ilfattoquotidiano.it -, la compagnia per cui lavoravo ha chiuso i battenti e da quel momento è cominciato il mio pellegrinaggio”.

Lui si è rimboccato le maniche, ma le prospettive non erano delle più rosee: “Tutte le realtà per cui ho lavorato mi offrivano contratti di qualche mese e alla scadenza mi mandavano via dicendo che non c’erano abbastanza soldi”, ricorda. Una situazione frustrante e senza apparente via d’uscita: “Io non vivo per il lavoro, ma da quando ho finito il liceo mi sono sempre garantito la mia indipendenza economica – spiega -, e purtroppo, arrivato a quel punto, l’Italia non me lo permetteva più”.

Ma dopo quasi quattro anni di stallo è arrivata l’occasione per cambiare le carte in tavola: “Nel 2012, al matrimonio del mio migliore amico, incontro una ragazza che viveva in Australia dal 2007 – racconta -, e abbiamo iniziato a frequentarci”. È lei a spingerlo a tentare la fortuna dall’altra parte del mondo: “Mi ha detto che lì c’era ancora qualche possibilità di trovare un lavoro stabile, così ho deciso di mettermi alla prova e l’ho raggiunta”.

I primi tre mesi li ha fatti con il visto da turista: “Erano tre anni che non mi concedevo una vacanza e ho pensato che quello fosse il momento opportuno per farlo – ricorda -, nel mentre, infatti, ho fatto diversi colloqui”. Al termine del periodo Federico decide di rimanere: “La nostra relazione stava andando bene, così mi sono iscritto a un corso di management e ho ottenuto il visto da studente – spiega – Per mantenermi ho fatto un po’ di tutto, dal maestro di tennis al commesso”. Nei ritagli di tempo, poi, andava alla ricerca di un lavoro a lungo termine, che potesse garantirgli la sponsorship: “In quei mesi ho dato fondo a tutti i risparmi messi da parte in dieci anni – ammette -, poi, visto che non riuscivo a trovare un impiego fisso, la mia compagna ha deciso di sponsorizzarmi”. Un percorso lungo e complicato: “Abbiamo dovuto dimostrare che abbiamo una vita in comune e che siamo una coppia genuina”.

Una volta ottenuto il visto permanente la strada è diventata in discesa: “Dopo due settimane ho ottenuto il mio primo vero lavoro in un’azienda mineraria”, ricorda. E quando dopo quindici mesi gli hanno detto che non c’erano le condizioni economiche per rinnovargli del contratto, Federico non ha dovuto nemmeno prendersi la briga di mandare qualche curriculum: “Il giorno dopo il telefono ha squillato – ricorda -, era un’altra compagnia del settore che voleva offrirmi un contratto a progetto”. Lui ha accettato al volo, anche perché le condizioni erano interessanti: “Non sono previste ferie né malattia, ma rispetto all’indeterminato ti pagano il 30% in più – spiega -, così ho pensato che era un modo per mettere da parte un po’ di soldi”.

La sua si è rivelata una scelta azzeccata, perché dopo sei mesi si è liberata una posizione nell’ufficio acquisti: “Mi sono proposto, ho sostenuto il colloquio e mi hanno fatto subito il contratto a tempo indeterminato”, ricorda. Con oltre due anni di esperienza alle spalle nella stessa azienda, Federico può iniziare a tirare le somme: “Rispetto all’Italia qui ho trovato maggiore flessibilità negli orari e più attenzione al valore del dipendente – ammette -, gli aumenti di stipendio e le promozioni sono basati sul merito e non sulle conoscenze”. A lui piace definirsi un non-cervello-in-fuga a cui è andata bene: “Un po’ di fortuna ci vuole, io ho messo in discussione tutto e oggi ne sono felice – conclude -, ma questa non è un’esperienza che si fa a cuor leggero, prima bisogna informarsi e prepararsi”.

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