Danilo Toninelli dice che non la vuole nemmeno leggere, Alessandro Di Battista evoca il Gentiloni bis, Luigi Di Maio, in attesa di sapere i risultati delle primarie M5s alle quali è candidato, grida all’inciucio di Pd e Forza Italia contro i Cinquestelle: “Se prendi il 30 per cento dei voti rischi di ottenere solo il 15% dei seggi. E’ un meccanismo collaudato per fermarci. Siamo ancora una volta di fronte al partito unico che si organizza contro di noi”. C’è una cosa sicura nel percorso della riforma elettorale che sta ripartendo alla Camera: nell’accordo non ci sarà il Movimento Cinque Stelle. Ci saranno invece Forza Italia, anche se se la tira un po’, e Lega Nord, con Matteo Salvini che dice di essere pronto a votare la legge la settimana prossima. E ci saranno i centristi di governo, secondo quanto dice Emanuele Fiano, capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali a Montecitorio, che ha depositato la nuova bozza di riforma.
Il Pd, dice Fiano, lavora “con l’ottimismo della volontà” e anche per questo “è l’unico partito ad aver fatto delle proposte. Lo facciamo con senso di responsabilità, perché è bene che la legge elettorale la scriva il Parlamento e non la Corte costituzionale. Per questo speriamo che anche gli altri partiti condividano questa responsabilità”. Secondo Fiano la “legge non favorisce o sfavorisce nessuno, è una legge di equilibrio“. Il testo, anzi, “va incontro alle critiche che erano state sollevate nei mesi scorsi alle precedenti proposte: rafforza il potere di scelta dei cittadini attraverso i collegi uninominali e quelli plurinominali per la parte proporzionale; l’unica scheda incentiva la conoscibilità dei candidati. In più rafforza il rapporto degli eletti con il territorio ed incentiva le coalizioni”. Il termine della presentazione degli emendamenti è stato fissato al 27 settembre, mentre la legge potrebbe arrivare alla discussione in Aula a ottobre.
Voleva essere un tentativo per tenere insieme il Pd con la sinistra che chiede maggiore dialogo con le altre forze del centrosinistra ma il ministro della Giustizia Andrea Orlando non pare euforico: “Non è questa la legge che vorrei, spero si migliori la quota di maggioritario”. Ma, precisa il guardasigilli, “meglio della legge attuale è meglio quasi tutto perché il Consultellum ha elementi criminogeni, costi abnormi per la corsa al Senato e alla Camera tutti i partiti eleggeranno solo i capilista bloccati al di là delle preferenze che prendono i candidati”.
Mentre i parlamentari di Forza Italia dicono di “valutare”, c’è chi ha già deciso: “Il Rosatellum mi sembra un deciso passo avanti – dice il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti – per cercare di dare al paese una legge elettorale efficace, che permetta di governare, che consenta ai cittadini di scegliere i partiti da votare tenendo insieme delle coalizioni omogenee, come quella che governa la Regione Liguria, in grado di dare un futuro al Paese”.
Contraria tutta la sinistra, da Mdp a Sinistra Italiana fino a Pippo Civati. Sinistra Italiana, dice il capogruppo alla Camera Giulio Marcon, non voterà una legge in cui “i due terzi dei parlamentari sono nominati dai partiti e non eletti dai cittadini: una legge elettorale così fatta è inaccettabile, incostituzionale e indecente”. Mancano due condizioni basilari, aggiunge il segretario Nicola Fratoianni, “non c’è ancora un impianto pienamente proporzionale e manca la libertà di scelta dei cittadini, visto che restano ancora capilista bloccati per due terzi dei deputati e dei senatori”. Secondo Civati l’ennesima bozza “ribattezzata Rosatellum 2.0 per dare un senso di freschezza, è solo la riproposizione di un desiderio inconfessabile: i leader di partito vogliono un Parlamento di fedelissimi”. E’ “l’Imbrogliellum”, dice Alfredo D’Attorre (Mdp) che “aumenta la soglia dei parlamentari nominati dal 60 al 67 per cento, con coalizioni farlocche”. Un “pasticcio insostenibile”, aggiunge. D’altra parte, prosegue il coordinatore di Mdp Roberto Speranza, la proposta del Pd è il “frutto amaro dell’ennesimo patto Renzi-Berlusconi“.