“Le mie frasi sullo stupro di Roma? Credo che tutto sia scaturito dall’esigenza di sintesi del giornalista che ha scritto il comunicato stampa. Sinceramente ridirei le stesse cose, ovviamente con maggiore cautela”. Si difende così, ai microfoni di Ecg Regione (Radio Cusano Campus), il senatore di Ala, Vincenzo D’Anna, per le sue discusse dichiarazioni sullo stupro a Roma (qui l’audio integrale). In uno sfogo fluviale, il parlamentare verdiniano rivela di aver subito anche minacce di morte: “Mi sono arrivate a casa telefonate di ogni tipo. Mi è dispiaciuto per mia moglie, per i miei figli e per la persona che collabora con noi in casa. Roba da Sant’Uffizio, come se avessi stuprato qualcuno oppure avessi solidarizzato con gli stupratori, ai quali, come ho detto, avrei inflitto 30 anni di carcere, cioè l’equivalente per i pluriomicidi. In 40 anni di attività politica – continua – ho visto tante intemperie, ma mai una canea così violenta di minacce, di insulti. C’è stato un effetto di ignoranza isterica che passa da una serie di luoghi comuni o di idee preconcette, che testimonia l’intolleranza. Questa è gente che giustamente si batte contro la violenza dello stupro, ma usa un sistema dialogico che si basa proprio sulla violenza verbale. Umberto Eco aveva perfettamente ragione. Questi strumenti, messi in mano a gente che non ha un minimo di acculturazione, di informazione e di educazione, diventano delle armi improprie”. Poi racconta del suo scontro con una signora, su Facebook: “Dopo avermi insolentito e ‘abboffato’ di improperi e di minacce, mi ha accusato di essere solidale con coloro che maltrattano le donne, cioè le donne abusate in casa. Io mi sono permesso di dirle: ‘Mi scusi, signora, ma questo marito dal quale per otto anni lei ha subito queste violenze se l’è scelto lei, glielo ha dato lo Stato o glielo hanno dato in sorte?”. E preciso che io ho votato una legge anti-stalking. La signora non ha risposto, ma ha continuato a vomitarmi addosso degli insulti, e mi ha pure fatto bloccare per 24 ore da Facebook”. E aggiunge: “Noi non possiamo sempre dipingere gli uomini come dei malvagi e dei violenti. Ci sono uomini malvagi e violenti che vanno puniti e le donne vanno protette. Per questo abbiamo fatto una legge contro lo stalking per proteggerle. Però qualcuno deve farsi un esame di coscienza. Mica alla donna hanno sorteggiato un uomo così. Una volta almeno c’era il fidanzamento, c’era un periodo nel quale si affinava la conoscenza”. D’Anna poi commenta le durissime parole pronunciate dalla senatrice M5S, Paola Taverna, in Aula, al Senato: “Lei è scorretta, d’altra parte fa dei discorsi da taverna. E’ la sublimazione della parte peggiore del popolo dei social che purtroppo ha messo piede all’interno delle più prestigiose istituzioni nazionali e in quell’Aula riporta l’approssimazione, il pregiudizio, la violenza verbale. La Taverna è quella che gridò allo scandalo per il gesto di Barani 37 minuti dopo che Barani l’aveva fatto. E dai filmati che abbiamo prodotto risulta che la Taverna è una commediante, una teatrante. E non solo – continua – la senatrice Taverna becca gli 8mila di diaria, che servono per l’alloggio o l’albergo, oltre al pranzo e alla cena, pur essendo residente a Roma. La Taverna mica ha detto che di quella diaria vuole la metà, visto che, abitando a Roma, consuma la metà di quello consumato da uno che viene da Bolzano o da Trapani. Sinceramente ne abbiamo le scatole piene di questi moralisti”. E a un radioascoltatore che lo ammonisce, “consigliandogli” di “sciacquarsi la bocca prima di parlare del M5S”, il senatore verdiniano replica: “No, io mi sciacquo i piedi col M5S e, anche nell’ipotesi di sciacquarmi la bocca, resta il fatto che la Taverna prende 8mila euro di diaria mensile. Questa intolleranza sui social è cominciata con la strategia di Casaleggio delle fake news, della delegittimazione dei politici e della politica, del Parlamento che doveva essere aperto come una scatola di ‘sardina’. E invece stanno lì, belli, cresciuti e pasciuti, a campare con gli stipendi della politica”