Nella decisione di Transport for London pesano soprattutto la mancata denuncia alla polizia da parte della società di alcuni reati commessi dai suoi autisti e l'uso da parte dei conducenti di Greyball, software pensato inizialmente per negare le richieste degli utenti che avevano violato i termini di servizio, ma che si è trasformato in un programma sfruttato per aggirare i controlli delle autorità. Uber ha annunciato ricorso
Londra non ha rinnovato ad Uber la licenza di operare in città. Dal 30 settembre i 40mila autisti della società di San Francisco non potranno più guidare per le strade della capitale. I “rigorosi standard di sicurezza” a cui i taxi e le società private di noleggio devono sottostare non vengono rispettati da Uber, ha spiegato in un comunicato Transport for London, l’ente che gestisce i trasporti pubblici londinesi. “I trasporti di Londra e il sindaco sono caduti in mano a un numero ridotto di persone che vogliono limitare la scelta dei consumatori“, ha replicato la società fondata da Travis Kalanick, che ha annunciato di voler fare ricorso contro la decisione.
Uber, società nata nel 2009 che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un’app che mette in contatto passeggeri e autisti, opera a Londra dal 2012. La città gli aveva concesso una licenza di 5 anni, che scade appunto il 30 settembre. Solo nella capitale inglese la società serve circa 3,5 milioni di clienti.
“L’approccio e la condotta di Uber dimostrano una mancanza di responsabilità d’impresa in relazione a diverse questioni legate alla pubblica sicurezza”, spiega in un comunicato Transport for London. In particolare, la licenza non è stata rinnovata a causa delle modalità con cui vengono ottenuti i certificati medici e la mancata denuncia di episodi criminali. Uber, infatti, era finita sotto accusa nel Regno Unito per non aver denunciato alla polizia alcuni reati commessi dai suoi autisti, fra cui molestie sessuali nei confronti di clienti. Nella decisione di Londra, infine, pesa anche l’uso da parte dei conducenti di Greyball, software pensato inizialmente per negare le richieste degli utenti che avevano violato i termini di servizio, ma che si è presto trasformato in un programma sfruttato dagli autisti per aggirare i controlli delle autorità.
La replica della società è stata affidata a Tom Elvidge, general manager di Uber a Londra, che rivendica gli strumenti messi in campo per garantire la sicurezza dei passeggeri. “Gli autisti Uber sono sottoposti agli stessi scrupolosi controlli dei conducenti di black cab (i taxi londinesi, ndr). Ma la nostra tecnologia innovativa è andata oltre, tracciando e registrando ciascuna corsa con sistemi GPS“, ha spiegato il general manager. “Abbiamo sempre seguito le regole del Tfl segnalando incidenti seri e attraverso un apposito team che lavora a stretto contatto con la polizia locale”. E, a proposito del software Greyball, “un’indagine indipendente ha dimostrato che non è mai stato utilizzato né considerato come un’opzione nel Regno Unito”.
Sulla vicenda è intervenuto anche il sindaco della capitale Sadiq Khan. “Tutte le compagnie operanti a Londra devono rispettare le regole e rispondere ai più alti standard, in particolare per quanto riguarda la sicurezza dei clienti, anche quando si offre un servizio innovativo”, ha detto Khan.