La Corte dei Conti ipotizza il danno erariale, perché il gruppo pubblico per 17 anni si è accontentato delle stesse royalties sulla vendita dei carburanti che percepiva nel 2000. E non ha mai ottenuto dalle compagnie, come era previsto, il trasferimento della proprietà di impianti e opere costruite sulle aree di servizio
Sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria perfino i distributori sono fuorilegge. Su delega del vice procuratore generale della Corte dei conti del Lazio, Massimiliano Minerva, la Guardia di Finanza ha prelevato nella sede dell’Anas gli atti relativi a 23 aree demaniali concesse quasi mezzo secolo fa alle compagnie petrolifere perché potessero costruirci i distributori. Viene ipotizzato il danno erariale e gli atti acquisiti riguardano tra l’altro le royalties riscosse sui carburanti, i contratti stipulati tra Anas e le compagnie petrolifere, la documentazione inerente le procedure adottate per le aree cedute, il prospetto riepilogativo dei canoni sulle aree e i fabbricati che sono stati costruiti. L’iniziativa della magistratura contabile è stata innescata da un dettagliato esposto di 10 pagine presentato il 21 marzo di tre anni fa da un funzionario dell’Anas, Gian Luca Romagnoli, che in seguito a questa iniziativa, invece di essere premiato dall’azienda perché si stava preoccupando di recuperare un po’ di soldi, è stato punito e messo in un angolo.
Le concessioni furono date da Anas alle compagnie petrolifere (Tamoil, Erg, Agip etc..) nel 1971 e avevano una durata di 29 anni al termine dei quali le concessioni stesse dovevano essere messe a gara e affidate ai migliori offerenti. Nonostante siano passati 17 anni dalla fine della concessione, i distributori sono rimasti a chi li aveva sempre avuti e si è andati avanti di prorogatio in prorogatio. In tutto questo tempo l’Anas ha provato per un paio di volte a organizzare le gare che però, per un motivo o per un altro, sono sempre abortite. Il danno è evidente: in pratica per 17 anni l’Anas si è dovuta accontentare di riscuotere le stesse royalties sulla vendita dei carburanti che percepiva nel 2000 e che già allora erano nettamente inferiori a quelle medie di mercato. Quanto avrebbe potuto incassare di più se le gare fossero state fatte? Il calcolo è difficile, ma il danno sicuro.
Nelle concessioni veniva inoltre concordato che le società petrolifere avrebbero costruito a proprie spese le opere di carattere generale, gli impianti per il rifornimento dei carburanti, i locali per la ristorazione e i bar, quelli per l’assistenza medica. Alla fine dei 29 anni quei manufatti sarebbero dovuti passare di mano e diventare di proprietà dell’Anas. Il testo della concessione a questo proposito è chiarissimo: “Alla scadenza della concessione tutti gli impianti e le opere costruite sull’area di servizio saranno, mediante atto formale, trasferiti ad Anas in buono stato di conservazione e manutenzione”. Ma il trasferimento non è mai avvenuto: gli immobili costruiti sulle aree dell’Anas sono stati tranquillamente lasciati alle compagnie petrolifere che continuano a usarli come se tutto fosse normale.
E’ ovvio che anche in questo caso il danno per l’Anas è evidente. Prima di tutto un danno di ordine patrimoniale per la mancata acquisizione per 17 anni di fila dei fabbricati e degli impianti. E poi c’è un danno derivante dal mancato incasso dei canoni per l’uso dei fabbricati stessi. Se 17 anni fa quei beni fossero stati acquisiti da Anas e se nel contempo le concessioni per i distributori fossero state messe a gara, l’azienda delle strade avrebbe potuto a buon diritto esigere un affitto per quelle strutture. Anche in questo caso, però, zero euro di incassi.