Due anni fa, a gennaio, un ragazzo scende a Malpensa nell'indifferenza generale. Oggi quel giocatore è uno dei pochi punti fermi del Milan e della rubrica Ten Talking Points. La chiacchierata è stata divertita e informale. E così la leggerete
Due anni fa, a gennaio, un ragazzo scende a Malpensa nell’indifferenza generale. E’ un nuovo acquisto del Milan, ma non c’è nessuno ad attenderlo. I rossoneri, guidati da Inzaghi, sono al minimo storico. Il ragazzo è spagnolo e l’allenatore lo impiega pochissimo. Quello successivo, Mihajlovic, lo vede ancora meno. Oggi quel giocatore, all’anagrafe Jesus Joaquin Fernandez Saez de la Torre e all’arte Suso, è uno dei pochi punti fermi del Milan. II lauto rinnovo contrattuale è cosa ormai certa. L’intervista nasce anche dal fatto che, nella rubrica Ten Talking Points che curo per il FattoQuotidiano.it, Suso è diventato un tormentone ironico. Lo chiamo affettuosamente “La Luce” e parlo di “occhiali da Suso” obbligatori per vederne le gesta senza bruciarsi le pupille. Lui la conosce, ne sorride e il preparatore atletico gliela legge quando “è un po’ giù”. La chiacchierata è stata divertita e informale. E così la leggerete.
Per un anno nessuno si accorge di te in Italia. Poi, di colpo, esplodi a Genoa.
All’inizio ho faticato a farmi notare e Inzaghi mi ha visto poco. D’estate ho chiesto di giocare o di andare in prestito: Mihajlovic, dopo la prima partita, non mi ha fatto giocare più. Così ho chiesto di andare al Genoa.
A Gasperini devi molto.
Moltissimo. Mi ha fatto giocare sia come seconda punta che esterno di destra. Gli sarò sempre riconoscente.
Si dice che Berlusconi ti abbia notato dopo un’oscura amichevole sotto la pioggia contro la Reggiana, e che a quel punto abbia chiesto a Inzaghi perché non ti facesse giocare.
Ah sì, ero al Milan da due mesi (marzo 2015) e Inzaghi mi schierò titolare. Feci due reti e da allora ogni tanto l’allenatore mi diede qualche possibilità. Della telefonata di Berlusconi non so nulla.
E Montella? Diventi inamovibile, anche se il passaggio dal 4-3-3 al 3-5-2 ti piace poco.
(Sorride) Io sono abituato alla filosofia spagnola, dove i ruoli non sono così ferrei. Da noi siamo più elastici, invece qui o fai l’esterno o fai la seconda punta. Ho giocato in quel ruolo anche con Gasperini. Mi sento più libero come esterno destro, ma faccio quello che mi viene chiesto e credo di poter essere utile anche come seconda punta. Nessun problema.
A fine agosto è arrivata la prima convocazione con la Spagna.
Avevo già vinto l’Europeo con l’Under 19 e l’allenatore è lo stesso. Non ho giocato e mi è spiaciuto, ma quando entri nello spogliatoio e vedi tutti quei campioni, capisci che è già molto essere lì. Per esempio: Busquets sembra bravo, ma non “così” bravo. Poi lo vedi da vicino e dici: “Accidenti, questo è fortissimo”. Ecco: la Spagna è così.
Il Suso migliore e peggiore al Milan.
Forse il migliore è quello dei due gol nel derby. Magari ho fatto di meglio, ma il derby è il derby. Il peggiore con la Lazio in casa un anno fa. Ero stanco morto e Montella mi ha tolto nella ripresa. Giustamente. Rientrato nello spogliatoio, ho pensato: “Oggi hai proprio giocato male!”.
Il rigore centrale a Buffon, nella finale poi vinta di Supercoppa, era voluto o hai colpito male e ti è andata parecchio bene?
(Ride) Diciamo che ho dato per scontato che Buffon si sarebbe mosso. Ci ho sperato. A Empoli avevo detto “Lo tiro di qua”, poi avevo visto muoversi il portiere e allora ho detto “Lo tiro di qua”. E lui me l’ha parata. Non volevo ripetere lo stesso errore.
Quasi come Nanni Moretti in Palombella rossa. Di recente hai detto che non hai voglia di tornare in Spagna. Eppure lì ci sono Real Madrid e Barcellona. E il tuo amico Deulofeu, al Barça, ci è tornato.
Be’, se ti chiamano Real e Barcellona fai molta fatica a dire di no (ride). Scherzo. Il Milan ha sempre detto di volermi tenere e io ho sempre detto di voler restare qui. Confermo.
Questo Milan dove può arrivare?
In Champions League.
Juve e Napoli sono fuori categoria, dai.
Il Napoli è la squadra più bella del campionato: una meraviglia. Se sei a casa e guardi la tivù, e da una parte c’è la Juve (o qualsiasi altra squadra italiana) e dall’altra il Napoli, tu cosa guardi? Io il Napoli.
Be’, ma il Napoli ti voleva. Come la Roma e l’Inter.
Vero, ma io sto benissimo al Milan e Montella è molto bravo. Ogni volta che mi arrivava una proposta, andavo dalla società e dicevo: “Mi vuole il Napoli”. E loro: “Vogliamo che tu stia qui”. Benissimo: è quello che desidero pure io. Dico solo che il Napoli è molto forte e molto bello.
Magari, con Sarri, potresti subire la stessa metamorfosi di Mertens.
Da centrocampista a goleador? Bah. Certe cose non le prevedi mica. Succedono e basta. Si è infortunato Milik ed è successo. Lui è più grande di me e ha un’altra storia.
Come diventi calciatore?
I miei coetanei prendevano il calcio come hobby. Io no: per me era la passione e doveva diventare il lavoro. A scuola dicevo: “Voglio fare il calciatore”. Mi rispondevano che quella non era una professione. A 14 anni chiesi alla professoressa di spostarmi un esame perché avevo una partita. Lei non me lo spostò e bocciai. Due mesi dopo mi prese il Liverpool. Andai dalla professoressa e le dissi: “Ce l’ho fatta”. Una bella rivincita.
Al Liverpool non è andata come speravi. Nel 2012 eri stato inserito nella lista dei migliori calciatori al mondo nati dopo il 1991. Oggi sei dove dovevi essere o hai deluso?
Al Liverpool, a un certo punto, mi resi conto che non era più il mio ambiente. Ero io il primo a non crederci più, e se sei giovane e non ci credi allora è finita. Meglio cambiare aria. Lo dico sempre anche ai ragazzi del Milan come José Mauri: credeteci, oppure andatevene. Non sento di avere deluso: sono felice e sono dove dovevo essere.
Fuori dal campo che tipo sei?
Uno che non esce quasi mai di casa. Non vado alle feste, se vado al cinema è per fare contenta la mia fidanzata. La cosa che amo di più è starmene a casa, rilassarmi con lei, guardare la tivù e portare a spasso i miei tre cani. Sono yorkshire.
Ti stai descrivendo come un eremita. Capiterà che qualcuno ti fermi per strada.
Meno di quanto credi. Te l’ho detto, io esco poco. Uso poco pure i social: ho cominciato a usare Twitter quando non era più di moda. Mi informo, anche su quanto sta accadendo tra il governo di Madrid e la Catalogna. Ma io sono andaluso, di Cadice, e fatico a comprendere. Comunque c’è una cosa che, di voi italiani, capisco poco.
Sarebbero tante. Quale, nello specifico?
La fissazione per il fantacalcio. Se mi fermano, è per dirmi: “Ehi, ti ho comprato al fantacalcio, devi segnarmi!”. Non vi importa se una squadra vinca o perda: vi importa che io segni. E non lo fate neanche per soldi. Siete un po’ strani, eh.