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Elezioni Germania. Bilancio, garanzia sui depositi, mutualizzazione dei debiti: Berlino dovrà trattare per salvare l’Ue

Per dare credibilità al rilancio del progetto europeo Angela Merkel dovrà pur essere disposta a mettere in gioco qualche cosa e, se sulla questione del debito i tedeschi sembrano proprio non sentirci, sull’avanzo della bilancia commerciale dovranno dimostrare di essere disposti a rispettare le regole pure loro

Domenica 24 settembre si vota in Germania e la cosa sembra quasi non far notizia anche perché i pronostici sono nettamente favorevoli alla cancelliera Angela Merkel che si avvia verso il suo quarto mandato. L’incertezza, che solo pochi mesi fa caratterizzava lo scenario politico europeo e faceva salire la febbre ai mercati all’avvicinarsi di ogni competizione elettorale, è stata spazzata via da due eventi che hanno contribuito a frenare l’avanzata del fronte euroscettico: la doppia vittoria di Emmanuel Macron in Francia (alle presidenziali di maggio e alle legislative di giugno) e la spaccatura dell’Afd (Alternative für Deutschland, il partito della destra xenofoba tedesca) che ha portato la leader carismatica Frauke Petry a decidere di rinunciare a guidare il partito alle elezioni di settembre. Secondo i sondaggi, la spinta propulsiva dell’Afd sembra esaurita e il partito viaggia stabilmente sotto il 10%, contendendo il quarto posto ai liberali dell’Fdp. A togliere appeal alla competizione elettorale tedesca c’è anche la “caduta” di Martin Schulz, l’ex presidente del Parlamento europeo, che candidandosi come cancelliere aveva inizialmente contribuito a risollevare nei sondaggi il partito socialdemocratico (Spd). Nel corso della campagna elettorale, però, il trend si è invertito e l’Spd ha ripreso a perdere terreno, tanto che oggi – a pochi giorni dal voto – il distacco dai cristiano democratici guidati dalla Merkel è di circa una quindicina di punti.

Dunque dalle elezioni tedesche non ci si aspetta nessuna clamorosa sorpresa, come testimonia anche l’ottimo andamento della Borsa di Francoforte con l’indice Dax che si sta riportando ai massimi storici. Eppure, in attesa dei risultati di domenica prossima, molte cose in Europa sono rimaste ferme. La Bce guidata da Mario Draghi ha rimandato a ottobre ogni decisione sulla progressiva riduzione degli acquisti di titoli di Stato (il cosiddetto quantitative easing). E la stessa Unione europea ha rimandato al dopo elezioni il confronto sulle materie più delicate. La Germania è di gran lunga il primo azionista della Ue e, piaccia o no, i suoi equilibri politici interni hanno ripercussioni profonde su tutta la politica europea, specie quella economica. Se da un lato l’attesa riconferma della Merkel è rassicurante per Bruxelles e per tutti i partner europei, in quanto va nel segno della continuità delle politiche degli ultimi anni, dall’altro tutti hanno la consapevolezza – e la Cancelliera per prima – che qualcosa va cambiato perché la casa comune così com’è non regge più. L’euroscetticismo può essere uscito sconfitto dalle elezioni in Spagna, in Francia e molto probabilmente anche in Germania a questa tornata elettorale, ma se non si farà presto qualcosa le spinte alla disgregazione rischiano di ripresentarsi più forti di prima, come ha dimostrato il voto sulla Brexit nel Regno Unito.

Di qui l’attenzione con cui istituzioni e governi europei guardano al voto tedesco. Per capire quale direzione verrà presa in concreto occorrerà attendere i numeri veri, la ripartizione dei seggi. I sondaggi che danno la Cdu di Angela Merkel intorno al 36%, la Spd di Martin Schultz intorno al 20% e la Linke unico partito sopra il 10% sembrano portare inevitabilmente a una riedizione della Große Koalition Cdu-Spd, unica alleanza che garantirebbe i numeri per governare di qui ai prossimi anni.  Non è però un mistero che la Cancelliera preferirebbe un’altra soluzione e che un risultato al di là delle previsioni dei verdi o dei liberali aprirebbe la strada a nuove alleanze che – almeno in nuce – potrebbero dare una svolta a un quadro politico piuttosto stantio. Nulla di rivoluzionario, certo (del resto con la riconferma della Merkel l’elettorato tedesco si mostra estremamente conservatore), ma qualche idea nuova potrebbe finalmente farsi strada.

Comunque sia, dal 25 settembre si aprirà una fase delicata per l’Europa che sarà chiamata ad affrontare di petto la questione del rilancio del progetto comune e dovrà iniziare a fare i conti con molte questioni non più rinviabili. La Germania ha tenuto duro sul fronte delle regole di bilancio, ma è accusata di aver tratto vantaggio dalla crisi degli altri Paesi e in concreto nulla ha fatto in questi anni per correggere l’eccessivo avanzo della sua bilancia commerciale. Inoltre si è fermamente opposta alla garanzia unica sui depositi, che è indispensabile per completare l’Unione bancaria, e a ogni forma di “mutualizzazione dei debiti” sovrani. Per dare credibilità al rilancio del progetto europeo Berlino dovrà pur essere disposta a mettere in gioco qualche cosa e se sulla questione del debito i tedeschi sembrano proprio non sentirci, sull’avanzo della bilancia commerciale dovranno dimostrare di essere disposti a rispettare le regole pure loro, tanto più ora che l’euro ha ripreso a rafforzarsi nei confronti del dollaro, minando la competitività di molti Paesi esportatori come l’Italia.