FATTO FOOTBALL CLUB - Il 19enne di nazionalità francese e origini ivoriane ha un nome che pare una via di mezzo fra un infuso benefico e un’esclamazione in dialetto barese: è diventato la speranza dei nerazzurri per una stagione all’altezza delle aspettative
Ci fu il tempo di Bobo Vieri e di Ronaldo, poi di Ibrahimovic, quindi di Eto’o e Milito. Oggi San Siro sogna con Yann Karamoh. Una manciata di minuti a fine partita, qualche guizzo quasi abbagliante nel grigiore generale della squadra bastano per diventare il nuovo idolo dei tifosi nerazzurri. Questo ragazzotto esotico di 19 anni, nazionalità francese e origini ivoriane, un nome che pare una via di mezzo fra un infuso benefico e un’esclamazione in dialetto barese, è diventata la speranza dell’Inter per una stagione all’altezza delle aspettative.
Le attenzioni post partita, le prime chiacchiere da bar dopo Inter-Genoa, persino le interviste e i titoloni dei giornali sportivi che hanno bisogno di assecondare l’entusiasmo degli appassionati, sono tutti per lui. Dalla sua il giovane Yann ha almeno un paio di argomenti: nessuno lo conosce, ed è stato anche l’unico acquisto del calciomercato estivo di Suning, che si è risolto in un frustrante coito interrotto per tutto l’ambiente interista. Classe ’98, viene dal Caen, squadra di media fascia del campionato francese, dove ha giocato appena una stagione al suo primo anno da professionista: fisico da quattrocentometrista e giocate da funambolo, le stesse doti intraviste ieri a San Siro. L’alone di mistero e la mancanza di concorrenza hanno catapultato sotto i riflettori questo piccolo talento, che fino a qualche anno fa sarebbe stato dirottata in Primavera o in prestito in qualche società satellite. E il suo debutto è diventato quasi un evento.
Neanche troppo male, a dire il vero: 22 minuti, un tiro in porta, 4 falli subiti tra cui anche l’espulsione procurata di Taraabt, pure una palla persa facilmente perdonabile alla sua tenera età, dicono le statistiche. Ha detto di più il campo: l’impatto sulla gara è stato positivo, è entrato sullo 0-0 e con lui sul terreno di gioco è arrivato il gol della vittoria. Ha colpito la sua sfrontatezza, la capacità di saltare l’uomo, merce rara di questi tempi a San Siro: sulla corsia di destra ha fatto vedere più lui in poche azioni che Candreva dall’inizio del campionato. E subito applausi.
Sembra un po’ il remake del film già visto l’anno scorso con Gabigol, con le dovute differenze rispetto al bislacco precedente del brasiliano: quello fu un acquisto costosissimo, intreccio di interessi tra procuratori e fondi privati, questo è una delle tipiche scoperte a basso prezzo di Walter Sabatini, mago del mercato che una volta ci prende e l’altra no. L’accoglienza, però, è più o meno la stessa: Gabigol fu adottato, osannato ed aspettato invano fino all’ultimo dai tifosi nerazzurri, ora tocca al francesino. Perché loro, come tutti gli appassionati di pallone, sono fatti così. Hanno bisogno di sognare. E in questo momento il convento non passa molto di meglio di Yann Karamoh. Il che la dice lunga sulla situazione dell’Inter.
Seconda in classifica con quattro vittorie e un pareggio in cinque partite, a sole due lunghezze dal treno scudetto delle imprendibili Juventus e Napoli, eppure con evidenti limiti tecnico e tattici. Contro il Genoa, come già contro Crotone e Bologna (avversarie più che abbordabili), è arrivata un’altra brutta prestazione, con gli stessi problemi: lentezza di manovra, mancanza di fantasia, sterilità offensiva. Spalletti sta provando a imprimere la sua impronta alla squadra, ma a volte sembrano mancare proprio le individualità, con Icardi e Perisic unici in grado di fare la differenza là davanti. E così l’esplosione del ragazzino franco-ivoriano diventa una delle (poche?) speranze a cui aggrapparsi. Ma in fondo è questo il bello dei sogni, e per Karamoh (prestito biennale, pochi spiccioli per il riscatto obbligatorio) è proprio il caso di dirlo: non costano quasi nulla.