Il Consiglio superiore della magistratura valuta l’apertura di un fascicolo sui magistrati che si occuparono di Vincenzo Scarantino, il falso pentito che con le sue dichiarazioni depistò le indagini sulla strage di via d’Amelio. Secondo l’edizione palermitana di Repubblica una pratica in questo senso è stata già aperta dalla prima commissione ma per entrare nel merito delle valutazioni, a Palazzo dei Marescialli attendono le motivazioni della sentenza del Borsellino quater. L’ultimo processo sulla strage che uccise Paolo Borsellino e cinque uomini della scorta, infatti, ha messo in fila tutte le anomalie della prima inchiesta.
La comunicazione del Csm è in realtà una risposta alla missiva inviata due giorni fa a Palazzo dei Marescialli da Lucia, Fiammetta e Manfredi Borsellino, i figli del giudice assassinato il 19 luglio del 1992. “Ho scritto una lettera al Csm chiedendo al presidente della Repubblica quali sono le iniziative che il Consiglio ha ritenuto di intraprendere dopo quanto deciso il 19 luglio. Noi in quella lettera chiediamo, come dice lo stesso consigliere Morgigni, se nella condotta dei magistrati dei processi Borsellino I e II si siano verificate queste anomalie”, ha detto Fiammetta, intervenendo alla trasmissione La radio ne parla in onda su Rai Radio1.
La lettera, infatti, segue la nota del consigliere togato Aldo Morgigni, che ha sollecitato un’iniziativa della prima commissione in merito ai magistrati che si occuparono delle indagini sulla strage. “Il nostro silenzio è stato dettato dal rigore e da una necessita di sopravvivenza – ha aggiunto Fiammetta Borsellino – noi denunciamo anomalie che hanno caratterizzato la condotta di politici e magistrati dei processi Borsellino I e II, anomalie condotte da uomini delle istituzioni. Nella Procura di allora c’erano Gianni Tinebra, Nino Di Matteo, la dottoressa Anna Palma e altri. Ricordo che tra quelli che andarono via e presero le distanze da quel modo di fare le indagini c’era la dottoressa Ilda Boccassini. Quando intendo anomalie, parlo di verbalizzazioni, interrogatori, sopralluoghi non corretti“.
“Le mie denunce – ha continuato la figlia di Paolo Borsellino– non sono un mero dibattito tra me e il procuratore Di Matteo, questa semplificazione fa molto comodo a chi sta bene nascosto nell’ombra. È una semplificazione che toglie l’attenzione al nostro fine, che è quello di addivenire alla verità. Il nostro è un urlo di dolore. È vero che si può tornare ad aprire un processo, ma la procura di Caltanissetta ha uomini e mezzi? Mio padre si meritava questo: dopo 25 anni, quasi tutto è compromesso”. Il riferimento al dibattito con Nino Di Matteo è legato al precedente di quest’estate: Fiammetta Borsellino, infatti, aveva citato il pm del processo sulla Trattativa come uno dei responsabili del depistaggio nelle indagini su via d’Amelio. Per questo motivo Di Matteo aveva chiesto di essere ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia. “Quando vennero avviate le indagini, io non ero magistrato ma uditore. Entrai a far parte del pool che seguiva le stragi di mafia solo nel novembre ’94, quindi due anni e 2 mesi dopo l’arresto di Scarantino avvenuto sulla base di accuse di pentiti che mai ho interrogato e intercettazioni che mai ho ascoltato all’epoca”, è uno dei passaggi dell’audizione a Palazzo San Macuto del magistrato condannato a morte da Cosa nostra.