Un inchiesta del mensile Quattroruote mette in evidenza come lo scorso anno le perdite delle società che offrono il servizio di auto condivise siano state di 27 milioni di euro. I motivi? Investimenti ingenti e costi di gestione alti. Ma in futuro si guadagnerà
Si parla tanto di servizi di mobilità, e in particolare di car sharing. Ma conviene? E’ quel che si sono chiesti i giornalisti di Quattroruote, realizzando un’inchiesta che sarà sul nuovo numero del mensile in edicola da mercoledì 27 settembre. Un’inchiesta che, in realtà, non lascia troppo spazio a interpretazioni: nel 2016 i principali erogatori di servizi car sharing hanno perso ben 27 milioni di euro.
Per Car2Go (gruppo Daimler), Enjoy (gruppo ENI), Drive Now (Sixt e Bmw) e Share’go (CS Group), dunque, l’auto condivisa finora non è stata affatto un buon investimento. Nonostante un giro d’affari di 48 milioni di euro, il “rosso” sopra evidenziato è infatti pari a oltre la metà del valore della produzione. Spostando poi l’analisi alle singole flotte, viene fuori che la perdita per ognuno dei veicoli condivisi facenti parte delle flotte operanti nelle maggiori città italiane è di 4.700 euro.
I motivi di questi rovesci sarebbero da ricercare, secondo il mensile, negli ingenti investimenti ma anche negli alti costi di gestione, causati da manutenzione e riparazione del parco auto circolante.
Altra voce che contibuisce pesantemente alle perdite sono i costi dei canoni pagati alle amministrazioni locali, per gli ingressi nelle ZTL e la sosta sui posti auto con le strisce blu, che per i veicoli “condivisi” (e dunque per gli utenti) sono entrambi gratuiti. Ma alle aziende costano: 1200 euro annui a veicolo nei comuni di Roma e Milano, 600 euro a Firenze e 300 di base fissa più un variabile che parte dai 250 euro a Torino. E gli incassi? Solo Roma e Firenze, rispettivamente 900.000 e 200.000 euro, li hanno forniti. Per Milano, Quattroruote li ha stimati intorno agli 1,9 milioni di euro.
Viene da chiedersi, a questo punto, come mai i costruttori insistano nel proporre un servizio che non gli fa fare soldi. La risposta è che lo considerano comunque strategico, perché tutte le analisi indicano che in futuro la proprietà dei veicoli perderà progressivamente importanza in favore di modelli di mobilità condivisa. Un investimento a perdere oggi, insomma, per guadagnare domani.