L'ex presidente del Cnr dice la sua sull'inchiesta della Procura di Firenze sui concorsi truccati all'università. "Io stesso sono stato vittima di un caso simile - spiega Nicolais - Sono accusato di aver raccomandato un mio allievo per una borsa di studio, quando ho semplicemente indicato un ricercatore molto brillante a un altro mio ex allievo che aveva bandito un concorso"
“La magistratura vede dappertutto ingerenze contrarie alle leggi, non tenendo conto della peculiarità del lavoro di professore universitario. Il problema, casomai, è che con le leggi attuali la selezione universitaria viene trattata con un concorso analogo a quello che si farebbe alle poste“. A parlare, in un’intervista rilasciata a Il Mattino e al Messaggero, è Luigi Nicolais, ex ministro della Pubblica amministrazione (governo Prodi, 2006-2008) ed ex presidente del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche. Secondo Nicolais che, premette, non ha letto le carte dell’inchiesta di Firenze sui concorsi truccati che vede indagato anche l’ex ministro Augusto Fantozzi, tutto sta nella differenza tra il sistema italiano e quello americano, dove lui ha lavorato.
“Non credo che (nell’inchiesta di Firenze, ndr) ci siano reati – continua l’ex ministro – io stesso sono stato vittima di un caso simile. Sono stato accusato di aver raccomandato un mio allievo per una borsa di studio, quando ho semplicemente indicato un giovane ricercatore molto brillante a un altro mio ex allievo che aveva bandito un concorso. Devo dire che in America mi avrebbero ringraziato, scritto una lettera per dirmi ‘grazie professore per averci indicato le capacità di questo candidato’. Invece ci ho guadagnato un avviso di garanzia“.
Nicolais, infatti, è indagato dalla Procura di Napoli per abuso d’ufficio insieme ad altre 15 persone – tra cui il docente universitario di Ingegneria Luigi Verolino e l’ex direttore scolastico regionale Pietro Esposito – per fatti successi tra il 2012 e il 2013 alla Federico II di Napoli. L’episodio che coinvolge l’ex ministro riguarda l’assegnazione di una borsa di studio bandita nel 2012 dal Centro di ricerca sui biomateriali dell’università napoletana a Dario Marchese, genero di Esposito. Secondo il pm l’attribuzione, attraverso il presidente della commissione Paolo Antonio Netti, sarebbe avvenuta “esclusivamente per accontentare le pretese di Verolino e Nicolais“. In un primo momento Netti (a sua volta indagato, come anche Marchese) avrebbe chiesto a uno dei vincitori della borsa di rinunciare per far passare Marchese, poi avrebbe predisposto una nuova procedura, ritenuta dal pm “meramente apparente“.
“Io ho insegnato alle università di Washington e del Connecticut e all’estero, quando si deve nominare un professore, associato o ordinario che sia, si procede soprattutto attraverso quelle che lì chiamano recommendation, dove i massimi esperti del settore, i cosiddetti capiscuola, esprimono il loro giudizio sulle qualità del ricercatore che è in lizza”, continua Nicolais. “E se un professore sbaglia a dare credito a un candidato, perde la sua reputation, la sua credibilità“. Così dovrebbe essere anche nelle università italiane, secondo l’ex presidente del Cnr, e invece le modalità di selezione attuali “prescindono totalmente dalla tipologia del professore universitario”. Tutto vero, almeno finché le raccomandazioni avvengono alla luce del sole.
“Il problema del nepotismo? Quella è una deviazione del concetto di caposcuola – continua Nicolais – Ma un conto è cercare la deviazione per curarla, un altro è credere che chi si avvicina all’università lo fa solo per trarne benefici personali. Così si butta solo il bambino con l’acqua sporca. Quando invece ci sono docenti che passano lì tutta la loro giornata anche a fronte di stipendi non adeguati“.