Gli equilibri sono ancora delicati e i rischi della procedura sono tutt’altro che superati. Tuttavia, sul fronte trasporti Virginia Raggi e i suoi hanno ottenuto la loro prima vittoria: il Tribunale fallimentare di Roma ha ammesso Atac Spa al concordato preventivo in continuità. Dopo che le voci si sono rincorse per tutta la mattinata, è stata la stessa sindaca pentastellata a dare l’annuncio ufficiale sul suo profilo Facebook: “E’ la vittoria dei cittadini – ha detto – ora possiamo portare a compimento quella rivoluzione nel trasporto pubblico che i romani attendono da decenni”. La decisione del tribunale di Roma è arrivata nella persona del giudice Lucia Odello, che ha già provveduto a nominare i tre commissari che sovrintenderanno alla procedura: si tratta di Raffaele Lener, professore di diritto dell’economia a Tor Vergata, Giuseppe Sancetta, ordinario di Economia e gestione delle imprese alla Sapienza, e Luca Gratteri, esperto di diritto commerciale, bancario e fallimentare.
COSA ACCADE ORA – I toni trionfalistici utilizzati dalla prima cittadina capitolina, in realtà, meriterebbero maggiore cautela, specie perché si è conclusa solo la prima tappa di un percorso lungo e pieno di insidie. Il primo effetto reale sull’attività di Atac è che l’avvio della procedura ha definitivamente bloccato tutte le azioni di pignoramento e recupero crediti che erano state avviate negli ultimi mesi: la municipalizzata, dunque, potrà procedere ai pagamenti scorporando le somme dovute per i pregressi. Per il resto, l’azienda guidata da Giorgio Simioni – assistita dal superconsulente Felice Giampaolino e dalla società Ernst & Young – ora ha 120 giorni (prorogabili di altri 60) per presentare un piano di rientro parziale dei crediti, insieme alla situazione patrimoniale, economia e finanziaria; un elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi importi dovuti e delle cause di prelazione; una “relazione di veridicità”. A quel punto, il tribunale farà anche una divisione fra creditori privilegiati (come i lavoratori e i fornitori indispensabili per l’attività) e chirografari.
I PRINCIPALI RISCHI DELLA PROCEDURA – Il momento più delicato di tutto l’iter sarà la votazione del piano di rientro. Ai creditori, infatti, verrà sottoposta una proposta di percentuale di recupero del credito, che per legge non può andare sotto la soglia del 20%; qualora il 50% più uno di questi fornisca parere contrario, il tribunale sarà automaticamente costretto a dare il via libera a una procedura di liquidazione della società (che per le aziende pubbliche corrisponde a un vero e proprio fallimento). I vertici Atac, in questo senso, hanno lavorato molto nel corso delle ultime settimane, ottenendo anche delle rassicurazioni, specie dai fornitori più grandi, mentre a soffrire sono soprattutto le piccole aziende.
Riguardo ai crediti, bisogna anche dire che tutte le voci passeranno al vaglio dei giudici e non è detto che tutti i 1.300 milioni iscritti in bilancio verranno considerati tali. Un esempio su tutti, la questione legata alle indagini Anac sugli oltre 2.000 affidamenti diretti segnalati a fine 2015 dall’ex assessore e attuale senatore Pd, Stefano Esposito, il quale arrivò a denunciare spese gonfiate nell’acquisto di pezzi di ricambio per i bus e addirittura cancelleria: tutte situazioni sulle quali i neo-commissari saranno autorizzati a relazionare ai colleghi della Procura. Insomma: non è detto che tutti i creditori abbiano i numeri per alzare la voce.
FERMENTO FRA I LAVORATORI – L’altro fronte caldo è quello dei lavoratori, spaventati a morte da quella che e’ pur sempre una “procedura fallimentare”. Oggi i dipendenti hanno ricevuto regolarmente l’accredito dello stipendio, ma contabilmente è accaduto qualcosa di inedito a via Prenestina: il bonifico non riguardava il salario di settembre, ma un “anticipo delle competenze” di ottobre e novembre”. Un passaggio obbligato, perché la domanda di concordato blocca tutti i pagamenti pregressi. I lavoratori perderanno un mese di stipendio? “E’ un rischio che non si può escludere – sottolinea Claudia Porzi, sindacalista Cgil – ma l’auspicio e’ che il giudice dia il via libera al pagamento di settembre e che nei prossimi mesi torni tutto come prima. Tuttavia, al momento non ci sono arrivate segnalazioni di anomalie rispetto agli importi attesi”.
Resta anche la diffidenza nei confronti del concordato. Lo sciopero di 24 ore convocato per venerdì 29 è stato ridotto a 4 ore (dalle 8.30 alle 12.30) dal prefetto di Roma, Paola Basilone. Il timore, tuttavia, è che la paura e la spinta allarmistica di alcune organizzazioni sindacali non allineate possa portare i dipendenti a bloccare il servizio, costringendo il governo a intervenire. “Temiamo – spiega ancora Porzi – che la richiesta di ulteriori sacrifici ai lavoratori possano sfociare in proteste che non siamo in grado di controllare. L’effetto sarebbe costringere il governo nazionale a intervenire, commissariamento il trasporto romano, uccidendo Atac e aprendo le porte a privati e simili. E questa è l’ultima cosa che vogliamo”.