Chi se lo sarebbe immaginato mai di vedere il Dalai Lama in tocco e toga per ricevere la laurea honoris causa in psicologia clinica e della salute? Eppure questa non è la solita onorificenza formale data, oltre che a chi la riceve, a chi la conferisce. Mica male avere un altro Nobel tra i propri laureati, alla faccia dei cinesi che cercano sempre di mettere i bastoni tra le ruote a ogni iniziativa che coinvolga il leader spirituale dei buddisti.

Il Dalai Lama lo merita perché da molti anni promuove il confronto tra scienziati occidentali e la cultura filosofica e spirituale tibetana che, nel corso di venticinque secoli, ha elaborato una raffinata psicologia.

L’Università di Pisa e l’Istituto Lama Tzong Khapa hanno messo a confronto fisici, neuroscienziati, filosofi occidentali e pensatori tibetani: il tema era la scienza della mente e in particolare il problema della coscienza: epifenomeno del funzionamento del cervello o entità che “usa” il cervello? Ipotesi dualistica o riduzionismo? Se ne dibatte da decenni e lo sviluppo delle tecniche di studio del cervello fanno rapidi avanzamenti.

Sotto questo aspetto è stata interessantissima la presenza del francese Matthieu Ricard, monaco buddista laureato all’Istituto Pasteur in genetica delle cellule, diventato popolare per essere indicato come “l’uomo più felice del mondo” dopo che gli scienziati hanno riscontrato un livello di attività mai registrato prima nella zona del cervello connessa con l’emozione positiva e la una particolare capacità di orientare la mente a piacimento durante la meditazione. Erano presenti anche gli scienziati che hanno esaminato Ricard.

La pratica millenaria della meditazione si sta sempre più diffondendo, anche se viene talvolta banalizzata e commercializzata.

Inserire il fenomeno della coscienza nel paradigma quantistico è un’ipotesi di ricerca che può consentire grandi passi avanti. L’interdipendenza di tutti i fenomeni dovrà per forza includere la mente. Roberto Assagioli, 50 anni fa, ipotizzava per la Psicosintesi lo sviluppo di una psicoenergetica che includesse fisica, chimica e psicologia.

Detto questo, si sono proposti diversi modelli epistemologici per inquadrare il fenomeno coscienza, ma siamo ancora ben lontani da una comprensione piena.

I tibetani, che hanno seguito la via dell’introspezione per osservare la mente, possono dare un contributo formidabile.

Mi resta anche un’osservazione sorridente, non troppo diplomatica, del Dalai Lama: “La psicologia occidentale è ancora al kindergarden, giardino d’infanzia”. Temo che abbia ragione, ma quindi abbiamo ancora tutta la vita davanti e il contributo del nuovo collega neolaureato a Pisa sarà prezioso.

(La foto è tratta dal sito dell’Università di Pisa)

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