Il numero uno della nota azienda inglese di elettrodomestici ha reso noto con un tweet di voler entrare nel business dell'elettrico sfidando i colossi del settore automobilistico. Solo una trovata pubblicitaria? Stando all'investimento dichiarato di due miliardi di sterline (quasi 2,3 miliardi di euro), pare proprio di no. E l'arma segreta sta nella tecnologia delle batterie
Questo sì che è un esempio di “diversificazione del business”: dopo che multinazionali come Google e Intel hanno deciso di mettere un piede nell’industria automobilistica, adesso è il turno dell’inglese Dyson, azienda impegnata nella produzione di aspirapolveri e presto anche di vetture a emissioni zero.
Se vi suona strano che una compagnia di elettrodomestici possa di punto in bianco commercializzare una vettura, è perché probabilmente siete ancora troppo legati al concetto odierno di automobile, un oggetto “individuale” spinto da motore endotermico e guidato da persone in carne e ossa. Esattamente il contrario di quella che sarà l’auto del futuro: condivisa col car-sharing, connessa alla rete, dotata di propulsore elettrico e di autopilota. Un elettrodomestico con targa e fanali, appunto.
Dell’interesse della Dyson per gli affari a quattro ruote si rumoreggiava già qualche mese fa ma la compagnia ha ufficializzato solo oggi i suoi piani, tramite l’account Twitter di Sir James Dyson (nella foto) in persona: il primo modello dovrebbe arrivare già nel 2020. Per questo progetto l’azienda ha messo sul tavolo quasi 2,3 miliardi di euro, che serviranno anche a finanziare le 400 persone che vi prenderanno parte, scelte fra le risorse interne alla Dyson e personale esterno esperto in materia di automobilismo.
Al momento non ci sono indicazioni di alcun genere sui prezzi, le dimensioni o il posizionamento commerciale della vettura: la speranza è quella che il risultato finale non sia una specie di aspirapolvere gigante su ruote. Certo è che la Dyson dovrà vedersela con colossi del calibro di Volkwsagen, Daimler, Bmw e Tesla, già ampiamente “avviati” in tema di mobilità elettrica (e autonoma).
Tuttavia, secondo Bloomberg, la marca inglese potrebbe avere un asso nella manica: la tecnologia allo “stato solido” impiegata per le batterie (che sta studiando anche la Toyota). Quest’ultima, rispetto ai comuni accumulatori agli ioni di litio, aumenterebbe l’efficienza energetica, permetterebbe di ridurre ingombri e pesi dei battery-pack, di migliorare la gestione della ricarica e di essere più facilmente riciclabile. Anche se i costruttori tradizionali non rimarranno certo a guardare. Sono aperte le scommesse…