Aveva scritto che Barack Obama, oltre ad essere gay, aveva finanziato personalmente l’apertura di un museo islamico in Mississippi nel bel mezzo dello shutdown del 2013. Poi aveva messo in giro la voce che il predecessore di Trump avesse bandito l’inno nazionale da qualsiasi luogo pubblico, pena una multa fino a 5mila dollari e fino ad un anno di prigione. Aveva anche fatto credere di essere Banksy, il writer inglese senza volto, poi di essere un dirigente di Facebook desideroso di introdurre una tassa mensile per gli utenti del social network. Tutte notizie false, sebbene riprese anche da media nazionali americani come Fox News. E ora c’è chi dubita che la sua morte, annunciata dallo sceriffo della contea di Maricopa, in Arizona, non sia altro che una fake news.
Paul Horner, 38 anni, è stato trovato cadavere nella sua casa vicino a Phoenix, in Arizona. Sarebbe deceduto lo scorso 18 settembre, ma la notizia non era ancora circolata. Secondo le autorità, che hanno confermato il decesso, non si tratterebbe di morte violenta: l’uomo ha “una storia di abusi di farmaci da prescrizione”, come ha spiegato il portavoce dell’ufficio dello sceriffo di Maricopa, e “le prove raccolte sul luogo suggerirebbero che si tratti di un’overdose accidentale“. Ad annunciare la morte di Horner è stato il fratello, su Facebook. “Paul era un artista, un predicatore, un filosofo, un mago di Internet, un patriota. Ma soprattutto l’uomo più affettuoso e generoso che abbia mai conosciuto”, ha scritto in un post.
Horner, mentitore seriale, era diventato famoso proprio grazie alle bufale che faceva girare sul web. La sua notorietà è cresciuta soprattutto durante la campagna elettorale del 2016 che ha visto vincere Donald Trump, perché molte delle fake news di Horner ruotavano attorno alle figure di Trump e Hillary Clinton, per sostenere il primo. Una delle finte notizie maggiormente circolate sosteneva ad esempio che la comunità Amish avesse promesso in blocco di votare per l’attuale presidente, mentre altre erano state twittate persino dal figlio di Trump Eric e dall’allora capo della campagna elettorale repubblicana Corey Lewandowski. In un’intervista al Washington Post del novembre scorso, Horner si era detto convinto che Trump avesse conquistato la Casa Bianca proprio grazie a lui.